Fini candida Silvio al Colle, ma boccia il «voto unico»

RomaSi vedranno a pranzo, come avviene ormai da alcune settimane. E nel vis-à-vis odierno, in agenda sempre a Montecitorio, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini discuteranno pure della modifica dei regolamenti parlamentari. Intanto, però, il presidente della Camera frena sull’idea del premier, convinto che il voto del capogruppo debba valere, in Aula come in Commissione, per tutti i deputati o senatori che rappresenta. «La proposta era già stata avanzata in passato ed era caduta nel vuoto, accadrà anche questa volta», commenta a stretto giro la terza carica dello Stato, stuzzicata dai cronisti in Transatlantico.
Nell’attesa, Fini affida il suo pensiero al quotidiano spagnolo El País - due giorni dopo l’intervista del presidente del Consiglio a El Mundo - rimarcando, tanto per cominciare, di non sentirsi affatto delfino del Cavaliere. «I delfini stanno in mare e questo è uno squalo, non un delfino», risponde alla “provocazione” di Miguel Mora, a cui mostra una foto che lo immortala durante un’immersione, con tanto di pescecane nei paraggi. «Oltretutto sono repubblicano - aggiunge l’inquilino di Montecitorio - e Berlusconi non è un re con un erede al trono. La politica è un’altra cosa e le leadership si affermano se ci sono le capacità e le condizioni».
Ma il giornalista iberico rimane in tema e chiede: Berlusconi futuro presidente della Repubblica? «Certamente oggi gode di un appoggio personale e popolare che rende tale ipotesi tutt’altro che assurda», afferma Fini, che su un ipotetico ruolo di primo ministro, per sé, precisa: «Al di là di come uno si vede allo specchio, la politica è realismo e strategia. Io credo di aver contribuito a una strategia che ha portato la cultura politica della destra italiana a integrarsi pienamente nel sistema politico».
Chiuso il capitolo, Fini analizza il rapporto pesi-contrappesi tra potere esecutivo e legislativo. Prima, però, fa una premessa: «Abbiamo un sistema istituzionale vecchio, lento e pachidermico» e «la seconda parte della Costituzione va riformata a fondo». Poi va al nocciolo: «Occorre un governo che governi e decida con rapidità. E allo stesso tempo, quanto più esso decide, tanto più forte deve essere il controllo del Parlamento. La grande sfida sta nel trovare questo nuovo equilibrio».
A seguire, l’ex ministro degli Esteri ribadisce che «l’immigrazione richiede una riflessione profonda», perché «è come la dinamite, da maneggiare con cautela». Sull’argomento ronde, invece, dice no a un nuovo «Far West», ma ricorda che l’esperienza «c’è già». Sullo stato di salute del Pd, inoltre, evidenzia: «Walter Veltroni l’ha salvato, perché senza di lui, a loro le elezioni sarebbero andate molto peggio».
Archiviata l’intervista a El País, Fini si sofferma sulla crisi economica. Per superarla, è necessario «un impegno corale delle istituzioni, delle parti sociali e delle forze politiche per il recupero dello spirito della ricostruzione che caratterizzò il dopoguerra». E presentando Pane e libertà, film-tv sulla vita del sindacalista della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, lancia un monito: «Le legittime rivendicazioni dei lavoratori non ledano i diritti degli altri cittadini e del più generale interesse nazionale».

Infine, prima di tenere a battesimo il nuovo sistema di voto anti-pianisti («È andata benissimo, a parte qualcuno che faceva finta che non funzionasse», ma «nessuno è obbligato a fare il deputato»), Fini chiede all’Aula un minuto di silenzio in ricordo di Nicola Calipari. E «piena verità» sulla sua morte.

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