Fini festeggia la svolta del Pdl «È un elemento di stabilità»

nostro inviato a Isola della Scala (Verona)
Esempio, dovere, responsabilità, fiducia. Gianfranco Fini ripete ossessivamente queste parole mentre il profumo di risotti e costicine lo avvolge nel tendone di Risitaly. Il rigore istituzionale e il riferimento ai valori morali sono le sue parole d’ordine. Mario Giordano, direttore del Giornale, lo provoca ad addentrarsi nella battaglia politica, ma il presidente della Camera recalcitra. L’unica concessione è per il Partito delle libertà. «Quando ero presidente di Alleanza nazionale, ho deciso qualcosa che deve andare avanti. L’ho fatto con i dirigenti del partito e nei momenti difficili ne sono stato confortato. Fino a pochi mesi fa c’erano più partiti che funghi dopo le piogge: nessuno ha nostalgia di quella fase. Se si affermano anche in Italia le grandi famiglie politiche sul modello europeo, questo è un elemento di stabilità del sistema. Il centrosinistra ha già costituito il Partito democratico, mi auguro che anche nel centrodestra nasca il Partito della libertà».
Fini conclude tra i tendoni della più grande manifestazione italiana dedicata al riso una giornata passata tra Vicenza e Verona, dove ha anche dedicato un tratto di Lungadige a Nicola Pasetto, deputato di An scomparso in un incidente. Con Giordano deve discutere di riforme. Il presidente della Camera, sempre prudente, lancia messaggi sul tema del giorno, il federalismo fiscale: «Riforma necessaria. Non c’è rischio di una duplicazione delle spese perché il federalismo italiano sarà equo e solidale. Ma il meccanismo di solidarietà tra le regioni dev’essere sempre garantito dallo Stato. E nessuno pensi di cancellare i prefetti: rappresentano lo Stato e garantiscono il collegamento con Roma».
Altri avvertimenti al suo centrodestra sulle parole del presidente Napolitano. «Auspico che tutte le forze politiche diano vita a comportamenti tali da attuare sollecitamente l’invito del capo dello Stato. Non si può mettere il Parlamento nell’impossibilità di adempiere doveri dettati dalla Costituzione, come la nomina della Vigilanza Rai e di un giudice costituzionale. Maggioranza e opposizione, nei loro ruoli distinti, non possono alzare barriere quotidiane. Devono assumersi responsabilità. Come si può dire agli italiani di avere fiducia nelle istituzioni? Tra i due litiganti, il terzo (cioè il Paese) non gode». E lo scontro con il premier sui decreti legge per accelerare le decisioni? «Polemica creata per ragioni politiche. Nessuno contesta i diritti del governo, ma bisogna evitare gli abusi. Comunque i regolamenti mi danno il potere di contingentare i tempi delle discussioni».
Il leader di An non dà gran peso allo scivolone della maggioranza dell’altro giorno («capita anche alle grandi squadre entrare in campo deconcentrate e prendere gol quando non se lo aspettano»); ma richiama i deputati con fermezza. Definisce «malcostume» sia l’assenteismo sia i «pianisti» che votano per gli assenti. «La Camera deve prendere ritmi di lavoro più vicini a quelli della gente normale. Ora si sta a Montecitorio da lunedì a venerdì, non più due giorni e mezzo, con ritmi di discussione più serrati, e spazi per l’approfondimento e l’opposizione». I deputati depressi? «Nel Parlamento c’è di tutto, non si può generalizzare». Le future riforme istituzionali porranno un argine: Fini è favorevole al bicameralismo imperfetto e alla riduzione degli eletti.
Un affondo anche sulla situazione economica internazionale: «Coloro che nel passato dicevano che il mercato è un valore assoluto, devono cominciare a riflettere. Negli Stati Uniti, che sono la capitale mondiale del liberismo e non un Paese reduce dal socialismo reale, il governo interviene per aiutare le banche. Che succederebbe se accadesse in Europa?». Giordano chiede se i vincoli di Maastricht siano da ridiscutere.

Sì, dice Fini: «La logica che se uno sforava dello 0,1% veniva punito andava bene tempo fa, ma oggi no. Occorre rilanciare l’economia reale, produttiva, e servono capitali. Se essi sono pubblici, non c’è nulla da demonizzare».

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