Fini, il giorno dello sciacallo

Co sprezzo del ridicolo l'indagato presidente della Camera capeggia il branco dei moralisti che infierisce sul Cavaliere

Traggono profitto dalle difficoltà al­trui. Sono gli scia­calli. Agiscono da soli, al massimo in cop­pia ma in alcune rare oc­casioni si riuniscono in un branco, ad esempio per nutrirsi di una preda particolarmente grande. Ce ne sono di varie specie ma tutte presentano note­vo­li somiglianze morfolo­giche. In politica ce ne so­no di destra, di sinistra e pure di centro. In queste ore stanno braccando e accerchiando Silvio Ber­lusconi su una vicenda privata che si cerca a tutti i costi di trasformare in uno scandalo pubblico. Non danno tregua, gli sciacalli.

Fallito il colpo del «bunga bunga» (non c'è reato nella frequenta­zione di Arcore da parte della giovane Ruby, il cui primo racconto, spaccia­to dai giornali come veri­tà assoluta, tra l'altro è sta­to smentito dai fatti e da lei stessa), ora ci si attacca coi denti a due telefona­te. Quelle fatte prima dal premier e poi dal suo ca­poscorta alla Questura di Milano la notte in cui la ra­gazza marocchina venne fermata per furto. Dagli atti e dalle testimonianze risulta che nessuno fece pressioni o chiese corsie preferenziali. Palazzo Chigi diede soltanto la di­sponibilità a trovare una persona che, così come prevede la legge, fosse di­sponibile a farsi carico di un collocamento tempo­raneo. Cosa che avvenne. Tutto qui. Anomalo, strano? Può essere, ma si­curamente nulla che ab­bia a che fare con il codice penale.

L'occasione però è troppo ghiotta per chi da 18 anni cerca di disar­cionare il presidente del Consiglio. La macchina sinistra-magistrati-gior­nali si è messa in moto a pieno regime. In tre gior­ni è stata commessa una serie di reati (violazione del segreto istruttorio e della privacy di una mino­renne, diffamazione) sui quali ovviamente nessu­no indagherà, a differen­za di quanto succede per articoli pubblicati da gior­na­li dell'area di centrode­stra. Questa volta, novità ri­spetto al caso Noemi (ov­viamente finito nel nul­­la), il solito branco degli sciacalli ha un nuovo ca­po. Si chiama Gianfranco Fini. Ieri ha giurato che in Parlamento farà ostruzio­nismo a qualsiasi legge che piaccia al Premier e che questa vicenda sta fa­c­endo fare all'Italia una fi­gura imbarazzante.

Il pre­sidente del Consiglio che si occupa di collocare in affido una ragazza è così grave? A nostro avviso è eticamente, e anche giu­diziariamente più grave, quello che Fini ha fatto ne­gli ultimi mesi. E cioè rac­comandare alla Rai la suo­cera per un contratto da un milione e mezzo di eu­ro (abuso d'ufficio, no?), oppure svendere un be­ne del partito, la casa di Montecarlo, al cognato via società offshore (cosa per la quale è indagato an­che se nessuno pone il problema). Per di più, a differenza di Berlusconi, abbiamo un presidente della Camera che sul pri­mo caso ha taciuto e sul secondo ha mentito.

Queste sono le cose che imbarazzano gli italiani.

Cioè usare il proprio pote­re, per di più derivante da un ruolo istituzionale, per dare soldi pubblici (o di una comunità) ad ami­ci e parenti. Imbarazza che la magistratura lo pro­tegga e che i grandi gior­nali facciano finta di nien­te. Dopo il tradimento, lo sciacallaggio. Al momen­to è l'unica cosa coerente vista fare dal Fli.

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