nostro inviato a Londra
Contro lo scetticismo britannico, Gianfranco Fini sfodera quel che definisce «l'ottimismo della ragione». «Penso che il centrodestra possa vincere» replica a chi gli chiede delle prossime elezioni. E spiega: «Abbiamo fatto riforme importanti come quelle su mercato del lavoro, previdenza, scuola e infrastrutture e anche se non tutte sono destinate a risultati immediati, in prospettiva ci faranno fare passi avanti. E poi - aggiunge - anche l'Ocse ci vede ormai alla fine del tunnel».
Ma cè almeno un altro paio di ragioni che inducono il vicepremier a credere alla vittoria, sradicando la stampa inglese, Economist in prima fila, dalle proprie certezze. «La sinistra ha vinto nelle più recenti tornate elettorali solo grazie a un marcato assenteismo del nostro elettorato». E ancora avverte sulla necessità di non sottovalutare le divisioni nell'Ulivo e tra i suoi cespugli. «Ecco una bella domanda - ridacchia a chi gli chiede cosa farebbe un governo di centrosinistra, una volta al potere, per il contingente italiano in Irak - perché c'è chi come Fassino pensa di trattare il ripiegamento col governo di Bagdad e chi chiede di copiare Zapatero senza se e senza ma, col ritiro subito».
A suffragare la possibilità di vittoria, Fini non scorda naturalmente di sottolineare la novità dell'«attacco a tre punte: io, Berlusconi col quale ho un rapporto di lealtà e amicizia, e Casini». Tre goleador in concorrenza per mietere consensi contro l'unica e già conosciuta opzione del centrosinistra. «Chi segna di più tra noi - rileva - potrà avanzare la sua candidatura per palazzo Chigi». Ma il ritorno al proporzionale non è che finirà per guastare i rapporti nel trio?, gli fanno notare.
E lui allarga le braccia: «Ero un convinto sostenitore del maggioritario. Ho fatto persino un referendum per eliminare la quota proporzionale, ma l'ho perso sia pure per poco. Come potevo obiettare qualcosa, visto che il mix di proporzionale e maggioritario siamo tutti d'accordo che non funziona?».
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