Giunti al dunque, la presunta granitica compattezza del Fli nel mandare a casa Silvio Berlusconi non si dimostra tale. Chi ha seguito il presidente della Camera nella sua sciagurata avventura non per calcolo ma per affetto ora è alle prese con la propria coscienza di uomo di destra che si trova a consegnare la vittoria ai nemici della propria storia politica e sociale, a tradire la fiducia di militanti che avevano aspettato cinquant'anni per vedere realizzato il sogno di contare qualche cosa in questo Paese. Perché è chiaro che un altro centrodestra non c'è e non ci sarà. Quello che ruota attorno a Berlusconi, per quanto sgangherato, è l'unico schieramento moderato, liberale e fermamente anticomunista che è possibile mettere insieme. A questi uomini è venuto il dubbio: chi stiamo difendendo? Non i nostri valori, che sono ampiamente condivisi dentro il Pdl, non le riforme, che potevamo contribuire a scrivere stando in maggioranza. Non una autonomia gestionale che ci siamo già conquistati. Vuoi vedere, si stanno dicendo, che stiamo sfasciando l'Italia e noi per difendere l'onore del cognato del capo beccato a fare il furbetto a Montecarlo da quelli del Giornale? O per vendicare la moglie del capo presa in giro da Striscia la notizia, programma Mediaset, per la sua precedente relazione?
Altro che mercato dei voti. Dentro il Fli, e non soltanto come dimostra il caso di Paolo Guzzanti, c'è gente che si sta ponendo domande politiche. E morali. Lo spettacolo offerto ieri da Fini è andato oltre il limite anche per chi non ama Berlusconi. Il presidente della Camera, terza carica dello Stato, arbitro e garante dei lavori parlamentari, ha passato la giornata a convocare deputati amici e avversari per convincerli con promesse e minacce a stare dalla sua parte. È questa l'etica tanto declamata? È questo il ritorno alla legalità strombazzato ai quattro venti? E dove è il nuovo della politica? Non certo nell'ultima, irricevibile proposta fatta da Fini a Berlusconi. Che è stata questa. Noi del Fli ci asteniamo sulla sfiducia al Senato, tu Berlusconi subito dopo ti dimetti senza sottoporti al voto della Camera e poi forse si può parlare di governare ancora insieme. Roba da politicante di mestiere, quale Fini è, pateracchio incomprensibile che non si era visto neppure nella Prima Repubblica.
Per la prima volta il presidente della Camera ha paura. Non di perdere, ci è abituato. Di scomparire, di essere abbandonato dai suoi per averli trascinati in una questione di arroganza personale senza sbocco. È disposto a tutto, ma anche il tutto stamattina potrebbe non bastare. Tanto che anche i suoi fedelissimi hanno spostato in là il traguardo. Hanno detto: vogliamo vederlo Berlusconi governare con una maggioranza di soli due deputati. Barano, come al solito. Sanno benissimo che oggi non si misura la maggioranza. Il voto è un referendum tra Berlusconi e Fini, tra centrodestra e centrosinistra.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.