Roma - Le elezioni sono un momento fondamentale per la vita di una democrazia e non esistono partite chiuse ancora prima di essere giocate. Per questo non si può disperdere il voto in mille rivoli ma bisogna concentrarlo sulle forze che davvero si candidano a guidare il Paese.
È questo il messaggio che Gianfranco Fini, in perfetta sintonia con Silvio Berlusconi, lancia agli elettori, chiedendo un «voto utile» per le elezioni del 13 aprile, ovvero una scelta netta tra Pdl e Pd. «Ha ragione Berlusconi, è inutile votare i piccoli e gli elettori lo hanno ben presente», dice il leader di An, intervenendo a Radio anch’io. «Chi segue l’Udc - afferma - è un elettore confuso e non un elettore di destra». Anche perché per Fini il centro «è un luogo geografico più che una proposta politica. Un centro diviso in tre non è credibile. Alla fine penso che molti degli elettori dell’Udc voteranno per il Pdl».
Per l’ex ministro degli Esteri «in questa campagna elettorale ci si sta confrontando come se il referendum si fosse già svolto. Si va verso grandi schieramenti e il confronto è tra Pdl e Pd. Non credo che l’elettore voti per il partitino che è presente solo per onor di firma e non avrà nessuna possibilità di governare». Anche per questo Fini si augura che non ci sia apparentamento con la lista pro-life di Giuliano Ferrara «perché io desidero che non ci sia alcuna lista oltre quella del Pdl. Mi auguro - aggiunge - che Ferrara rinunci a una lista elettorale sull’aborto che è un’idea che non condivido e giudico sbagliata».
Il presidente di An si sofferma poi sull’organizzazione interna del Pdl e sulle scelte che si dovranno intraprendere via via nell’azione politica soprattutto su temi sensibili. «Per governare una organizzazione così complessa non può che esserci il voto a maggioranza», ribadisce, pur non escludendo che in alcuni casi verrà lasciata ai singoli parlamentari libertà di coscienza. Sollecitato da Antonio Caprarica e dagli ascoltatori Fini ritorna, poi, sulle modalità con cui la nuova formazione è stata creata. «Qui non c’è assolutamente una confluenza», nota Fini, si sta discutendo insieme a Berlusconi di «regole e programmi», non c’è stata affatto una annessione. «Non richiamerei affatto l’esperienza dell’alleanza con Segni, quello fu un tentativo di accordo elettorale che non fu compreso», sostiene il leader di An. «Io sono convintamente repubblicano, non mi interessano le eredità o le dinastie. Il punto è che l’Italia ha bisogno di un unico grande partito del centrodestra».
Sulla questione dello scioglimento di Alleanza nazionale, Fini rimanda la questione alle regole statutarie. «Senza il consenso degli iscritti non posso fare nulla. In autunno ci sarà il congresso e lì si verificherà se ci sono le condizioni per un nuovo soggetto politico con Forza Italia e altri». Infine il leader di An fa una promessa di intervento sul sistema previdenziale. «L’età pensionabile va elevata, perché non ci possiamo permettere il lusso di avere pensionati di 55-56 anni. In materia previdenziale se non interveniamo rischiamo di assistere al collasso dell’Inps e di altri enti previdenziali. Chi vuole continuare a lavorare - dice - deve poter continuare a lavorare».
L’ultima domanda è più spostata sul lato umano della svolta orchestrata dal leader della destra italiana. È lo stesso direttore di Radiouno Antonio Caprarica a domandare al leader di An come mai non abbia mai tradito un’emozione o una commozione particolari al momento di passaggi cruciali della propria vita politica, come la trasformazione dell’Msi in An e, ora, la decisione di dare vita a un processo che porterà alla nascita del Pdl. «Cuore d’acciaio o insensibilità alle cipolle?» è la domanda. Pronta la replica dell’ex ministro degli Esteri: «Nessuno dei due.
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