Politica

Fini liquida la svolta di Casini "Indebolisce il centrodestra"

L’ex segretario: «Se il partito esce dalla Cdl, io resto. Se non lo fa, me ne vado»

Stefano Filippi

nostro inviato

a Caorle (Venezia)

Sotto il gazebo bianco dei Giovani della Margherita, sul lungomare, il clima è da calciomercato. «Loro ci hanno preso De Gregorio», dice uno. «E noi pareggiamo con Follini», replica un altro. Dopo aver divorato i giornali del mattino con la solenne promessa di Pier Ferdinando Casini che non morirà berlusconiano, discutevano sulla frase di Marco Follini diffusa dalle agenzie di stampa che ha percorso in un lampo la festa della Margherita a Caorle.
Follini aveva parlato a Roma prima di volare verso la laguna per partecipare a un dibattito sulle riforme, unico rappresentante del centrodestra contro cinque del centrosinistra, tutti comunque accomunati dall’aver votato «no» al referendum costituzionale. È uno spettacolo curioso vedere l'ex segretario Udc che non interviene una sola volta a difendere quella che è ancora la sua parte politica davanti ai massicci attacchi incrociati di Chiti, Castagnetti e Bassanini. Ma la scena clou è un'altra. Mentre Follini esce dal salone parrocchiale dove si era svolta la discussione, da una calle laterale arriva in piazza Duomo Gianfranco Fini, acclamato, osannato da una folla di fan che implora autografi e strette di mano. I due non si incrociano.
Il presidente di An voleva fendere la ressa per arrivare al palco dove avrebbe duellato sulla politica estera con Arturo Parisi. Ma quando viene avvertito della presenza di Follini, si ferma sotto il campanile della basilica a parlare con i giornalisti. «Casini dice che non morirà berlusconiano? La sua dichiarazione fa parte di un dibattito interno a un partito alleato, per cui non mi permetto di commentarla». E Follini che seppellisce la Casa delle libertà? «Ogni dichiarazione sia di Casini sia di Follini quando crea tanto entusiasmo nel centrosinistra evidentemente dev'essere ripensata. Vuol dire che è sbagliata. Casini ha sbagliato perché il compito dell'opposizione è creare difficoltà a Prodi, non aiutarlo e indebolire la Cdl». Gira la voce di una telefonata burrascosa tra Fini e Casini mercoledì sera, ma il portavoce di An Andrea Ronchi smentisce: i due non si sono sentiti.
Nel successivo faccia a faccia con il ministro della Difesa, Fini non è tornato sulla questione. Ha però sottolineato che è «pronto a scendere in piazza se la legge finanziaria introdurrà un forte inasprimento fiscale». Posizione che non si sposa con la moderazione dell'Udc, tant'è vero che poco prima Follini aveva detto: «Girotondi nel centrodestra? Non ci penso nemmeno».
Non potrebbero essere più lontani i due uomini dell'opposizione convocati ieri dalla Margherita. Fini ha tuonato dal palco, ha difeso con passione gli interventi militari in Afghanistan e Irak decisi dal governo Berlusconi, è perfino riuscito a strappare a Parisi un mezzo sì alla mozione che An presenterà sulla missione in Libano: «La scriva, la leggerò e deciderò se si può votare», ha detto il ministro della Difesa. Follini invece non ha speso una parola a favore del centrodestra conquistandosi tappeti rossi, sorrisi e anche la benevolenza di Vannino Chiti: per il ministro, De Gregorio che lascia il centrosinistra «dovrebbe dimettersi, se vuole mantenere la coerenza con gli elettori del centrosinistra dai quali ha preso i voti», mentre Follini che minaccia di lasciare la Cdl «è una persona seria che svolge un'opposizione costruttiva di cui rispettiamo la riflessione e il percorso».
Follini dice di collocarsi «all’opposizione dell'opposizione». Paragona i due schieramenti a «bazar» dove si compra e si vende di tutto, critica il «bipolarismo muscolare e artificioso», censura sia la coalizione «che parte dalla Mussolini e arriva a Tabacci» sia quella che va «da De Gregorio a Caruso», e gigioneggia con Castagnetti: «Vi aspettavate Berlusconi, vi dovete accontentare di me che sono un avversario più dolce». «Ma noi non ti consideriamo un avversario». «Il centro è una cosa, la destra un'altra - incalza l'ex leader Udc - io pongo il problema a casa mia, ma non potete non porvelo anche al vostro interno»: un invito a rifondare la Dc proprio mentre la Margherita accelera verso la fusione con i Ds nel Partito democratico. Ma gli applausi per Follini sono già finiti: «La nostra democrazia vive di alternanza e questo è un punto fermo», ribatte Chiti. «La scommessa del Partito democratico è difficile ma ci lavoriamo», aggiunge Castagnetti. Spazio per il nuovo centro vagheggiato da Follini, zero. «Non bisogna rinserrarsi dentro le coalizioni come fossero bunker», insiste lui.

Ma per ora, nel nuovo bunker centrista, nessuno gli fa compagnia.

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