Ieri intervista di Fini a La Repubblica, evidentemente il lettorato che ritiene più vicino. Rapido riepilogo del contenuto. Ottenendo la fiducia, Berlusconi ha politicamente vinto ma deve cambiare tutto; è troppo complicato spiegare se siamo di destra o di centro; sul federalismo vedremo che cosa fare; sulla sfiducia a Bondi decideremo che cosa fare; le diversità sui problemi etici con Casini e Rutelli? Si vedrà di volta in volta; Tremonti ha sbagliato, ma è anche bravo; se mi rivolgo al Pd? Mi rivolgo a chi ascolta. Insomma, l’elenco delle non risposte è impressionante. E l’unica che dà è quella sbagliata: «Dimettersi da presidente della Camera? Mai, applico i regolamenti in modo imparziale», sminuendo così il ruolo della terza carica dello Stato a quello di mero burocrate senza alcun contenuto politico. Questa volta a rimanere perplessi non sono gli avversari del Pdl, ma i suoi uomini. I quali lo hanno seguito in questa rischiosa avventura sì per lealtà, ma anche per costruire qualche cosa di nuovo e di chiaro ancora prima che di vincente. Questo stare nella palude della politica subordinati a Casini sta creando sconcerto. Il tam tam parla di imminenti fuoriuscite dal Fli. Qui non c’entra la sirena Berlusconi, è il vuoto che spaventa.
Se Fini non scenderà presto dallo scranno presidenziale rischia grosso. I suoi lo vogliono in prima linea: nessuno di loro è disposto a stare in un partito guidato da Bocchino. E presto glielo diranno, forte e chiaro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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