«Fini resta il leader, ma ci siamo stancati di dirgli sempre sì»

«Matteoli segretario? Si può fare, ma anche per lui valga l’incompatibilità»

«Fini resta il leader, ma ci siamo stancati di dirgli sempre sì»

da Roma

Onorevole Gasparri, all’assemblea del 2 luglio lei presenterà un documento a nome della sua corrente. Questo vuol dire che ci saranno tre documenti in discussione. Non si rischia un eccesso di frammentazione?
«Noi vogliamo che sia un confronto vero. Per questo abbiamo deciso di essere presenti nel dibattito con un nostro contributo. Noi non poniamo una questione di leadership ma vogliamo che ci sia attenzione sui contenuti e venga affrontata la questione delle regole per arrivare a una gestione unitaria, sia pure senza unanimismo».
La Russa dice: «Possiamo stare nel partito sia che le nostre richieste siano accolte, sia che non lo siano. In quel caso staremo a guardare». Che cosa significa?
«Significa che noi poniamo problemi di contenuti e di regole. Questioni che credo possano essere recepibili. D’altra parte io immagino che la relazione di Fini avrà toni condivisibili. Se ci saranno cose non accettabili noi ci riuniremo e approfondiamo. Quello che deve essere chiaro è che non siamo acquisiti alla causa finiana per definizione. Vogliamo una verifica politica priva di acredine. Ma se il quadro non è convincente ne trarremo le conseguenze».
Urso e Matteoli dicono: «Attenzione a dimezzare la leadership di Fini, rischiamo di fare del male ad An».
«Io credo che ci sia stato un equivoco. Urso e Matteoli conoscendo in modo parziale e inesatto quello che noi abbiamo detto hanno espresso posizioni che non hanno ragion d’essere. Noi non vogliamo alcun dimezzamento. Non abbiamo mai proposto nè la sostituzione del presidente, né la nomina di un segretario o di un coordinatore. Tant’è che la nostra proposta finale invita Alemanno a rientrare nel triumvirato».
Se questo non sarà possibile appoggerete la candidatura di Matteoli per l’incarico di coordinatore unico?
«Non c’è alcuna preclusione sul nome di Matteoli. Glielo abbiamo detto anche direttamente nei colloqui intercorsi in questi giorni. È chiaro che anche per lui deve valere la regola dell’incompatibilità perché sarebbe singolare che valesse per La Russa ma non per gli altri. Ma io credo che anche Fini non intenda fare eccezioni e non sia orientato a nominare una figura che cumuli altre cariche».
Voi chiedete un nuovo metodo nella gestione del partito. Ritenete che su questo punto Fini vi verrà incontro?
«Non possiamo essere un partito di yes-men. Non possiamo trasformare l’assemblea nazionale di An in un plebiscito fideistico. Su questo versante abbiamo già dato. Dobbiamo discutere di contenuti e assetti di partito. Non possiamo essere laici sui valori, come abbiamo fatto lasciando libertà di coscienza sul referendum, e poi teologici sulla leadership. Sabato non dovranno esserci né congiure né servilismo, ma un vero confronto con un partito che discute a voce alta e alla luce del sole».
Ma voi siete schierati con Fini o con voi stessi?
«Io credo che l’assemblea nazionale del 2-3 luglio non debba trasformarsi in un plebiscito ideologico-fideistico del tipo: sei d’accordo o sei contro? In questo momento Fini non ha bisogno di appiattimento o di congiure».
Ma An può esistere senza Fini?
«Fini è il leader della destra naturaliter. Una destra senza Fini sarebbe ridimensionata. Dove andrebbero senza Fini? si domandano in tanti. Ma vale anche il contrario. Noi da Fini vogliamo sapere dove dobbiamo andare».
Nell’assemblea del 2 luglio il partito rischia di spaccarsi sul partito unico. Una assemblea costituente può essere la chiave per anestetizzare queste perplessità?
«Credo di sì anche perché un percorso costituente non può mettere a repentaglio la nostra identità più di quanto qualche volta è stato fatto nel partito. Dire sì alla casa dei moderati è anche un modo per evitare una deriva neocentrista che marginalizzi la destra. Ma per far questo bisogna evitare che salti il bipolarismo. Il bipolarismo va blindato».
Italo Bocchino propone l’ingresso di An come osservatore nel Ppe. Condivide?
«Io sono favorevole all’ingresso nel Ppe da 4 anni.

Per quanto mi riguarda siamo 4 anni in ritardo. Bocchino ha proposto che ambienti e componenti di An possano approcciare il Ppe. Io sono della tesi che se ci diciamo gollisti possiamo tranquillamente stare in Europa là dove si trovano Sarkozy e Stoiber».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica