Fini sgrida la Farnesina: troppo buona con l’Iran

Gian Marco Chiocci

da Roma

Dopo il pignoramento dei fondi iraniani alla sede centrale della Bnl a Roma, si muove la Farnesina. Che esclude pressioni sui giudici del tribunale civile a favore dell’ambasciata di Teheran (in seguito al riconoscimento di due sentenze americane da 640 milioni di dollari contro la Repubblica islamica responsabile del finanziamento di due attentati in Israele firmati da Hamas) e al contempo stigmatizza le «considerazioni di carattere politico» contenute nella missiva inviata al Tribunale da un suo alto funzionario del Cerimoniale. La nota del Mae sintetizza l’esito degli accertamenti disposti dal ministro Gianfranco Fini a margine del contenzioso riportato dal Giornale che sembrava veder contrapposti, da un lato, i giudici che avevano reso esecutive le sentenze di risarcimento per i tre giovani assassinati dai kamikaze, e dall’altra l’ambasciata iraniana e l’ufficio cerimoniale del ministero degli Esteri, quest’ultimo schierato nero su bianco dalla parte dell’Iran. La Farnesina spiega che la lettera al giudice, nel suo complesso, aveva finalità informative. Niente più. «Nel caso di sequestri di beni afferenti a una Rappresentanza Diplomatica, si ricorda sempre, e per prassi al Tribunale competente, l’immunità dalla giurisdizione garantita alle ambasciate in base alla Convenzione di Vienna. L’intervento del ministero attiene solo gli aspetti procedurali di casi del genere, come avvenuto recentemente per sei casi concernenti altri Stati». Quanto alle «considerazioni di carattere politico contenute nella lettera al Tribunale di Roma», queste vengono invece definite «ingiustificate, e tali da adombrare un inesistente intervento della Farnesina anche nel merito della vicenda, tanto che hanno indotto il Ministro a prendere i provvedimenti del caso nei confronti del funzionario responsabile, Umberto Colesanti», il ministro plenipotenziario firmatario della missiva. A scanso di ulteriori equivoci la Farnesina ribadisce «la più dura condanna di qualsiasi attività diretta o indiretta a sostegno del terrorismo», e Fini, in persona, «auspica che anche in questo drammatico caso, la giustizia possa fare il suo pieno corso e le famiglie possano ricevere il dovuto risarcimento nel rispetto del vigente diritto internazionale».
L’intervento del ministro rasserena Riccardo Pacifici, vicepresidente e portavoce della Comunità ebraica romana: «Non posso non esprimere grande soddisfazione per la sentenza riconosciuta dai tribunali italiani - dice - perché costituisce un importante precedente internazionale utile a far capire che chiunque colpisce nel mucchio poi incappa in conseguenze durissime anche a livello economico. La lettera della Farnesina, così com’era stata riportata sul Giornale, sinceramente rappresentava un fatto anomalo rispetto alle azioni ferme e decise che questo governo aveva posto in essere rispetto a Teheran e contro l’organizzazione di Hamas. Bene, dunque, ha fatto il ministro Fini a precisare la posizione della Farnesina».
Soddisfatto anche Anthony Shipman, l’avvocato dei familiari dei ragazzi uccisi in Israele: «Prendiamo atto dell’iniziativa del ministro Fini, che ci rincuora. Ma allo stesso tempo ricordiamo che i giudici italiani non hanno fatto altro che applicare la legge. Le norme internazionali in materia sono chiare: si possono pignorare i soldi ad uso commerciale dello Stato ovunque essi si trovino. I soldi “protetti” sono solo quelli nella disponibilità della Rappresentanza per le spese d’ambasciata, quelli in conti non misti. Ci sono però precise eccezioni che trovano nell’ordinamento italiano precedenti specifici laddove si riscontrino abusi di diritti umani. E il terrorismo è uno di questi». Nel frattempo le famiglie di Arline Duker, Matthew Eisenfeld e Alisa Michelle Flatow scrivono queste poche righe al Giornale per ricordare che «qualunque risarcimento stabilito dai tribunali non rimpiazzerà mai i nostri cari.

Il denaro può essere solamente usato per atti di beneficenza e il giudizio del tribunale può, e deve, rappresentare un deterrente necessario a quei governi che sponsorizzano il terrorismo con una mancanza totale di umanità. A questo scopo siamo grati per il coraggio di tutti i giudici che hanno applicato la legge con rigore sia contro chi perpetra violenza sia contro i loro sponsor finanziari».

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