RomaNon servono rafforzativi per enfatizzare un concetto. Oggigiorno è sufficiente una parolaccia. Anche per il presidente della Camera, Gianfranco Fini, terza carica dello Stato. Che si è adeguato perfettamente al clima borgataro di Tor Pignattara, quartiere periferico romano dove il suo eroico furore cosmopolita lha condotto per una visita al centro «Semina» gestito dallAssociazione «Nessun luogo è lontano» che vi svolge corsi di sostegno per integrare i giovani immigrati.
In jeans come un qualunque volontario, ha colloquiato con ragazzini bengalesi, cinesi, iracheni, afghani e dellEuropa dellEst. Microfono in mano ha preso a intervistarli: «Qualche volta vi pesa essere qui? Cè qualcuno che ve lo fa pesare? O qualche volta cè qualche stronzo che dice qualche parola di troppo?». È stato lo stesso Fini a invitarli a non stupirsi. «Anche il presidente della Camera qualche volta dice parolacce e se qualcuno vi dice che siete diversi, la parolaccia se la merita. Voi pensatela e io la dico», ha aggiunto.
Lintemerata mediatica (era infatti presente il consueto codazzo giornalistico) del presidente della Camera ha uno scopo ben preciso: ribadire la personale contrarietà alle politiche repressive di contrasto allimmigrazione clandestina del governo, interpretate come un ostacolo a una più favorevole concessione del diritto di cittadinanza. «Come farà a convincere quelli di destra?», gli ha chiesto un ragazzino fin troppo esperto tanto da insospettire il presidente. «Bisogna discutere di questi temi e convincere chi non la pensa come me, ma sono sicuro che se viene qui qualche amico di destra, ma anche di sinistra, e parla con voi vedrete che si convincono», ha replicato criticando i frequentatori dei «salotti eleganti» che parlano «per sentito dire».
Fini, infatti, ha dispensato suggerimenti per tutti con spirito francescano. A partire dalla stampa: «Sarebbe bello se linformazione non titolasse con riferimenti etnici perché altrimenti si può diffondere tra i cittadini lequazione: straniero uguale delinquente». Per concludere con gli stessi parlamentari ai quali ha proposto di emendare a legge sullimmigrazione della quale fu estensore assieme a Umberto Bossi. «Sostanzialmente la condivido oggi come allora - ha dichiarato - ma farei un paio di modifiche»: allungare di un anno il periodo per trovare lavoro per chi restasse disoccupato e snellire le pratiche burocratiche.
Ma se Fini ha lasciato il politically correct a Montecitorio per tuffarsi nella vita vera (ha dato perfino del «paraculo» a un furbo ragazzino eritreo), altrettanto ha fatto il ministro Roberto Calderoli, coordinatore delle segreterie leghiste. «Fini ha perfettamente ragione a dire che è stronzo chi dice che lo straniero è diverso, ma è altrettanto stronzo chi illude gli immigrati». Perché, secondo il titolare della Semplificazione, «è una stronzata illudere gli extracomunitari che il nostro è il paese di Bengodi» e poi «non è dando il voto che si risolvono i problemi».
La Lega non lha presa bene. «È singolare che la terza carica dello Stato si produca nel ruolo antipedagogico di chi invita gli stranieri ad avere poco rispetto nei confronti di chi, padrone in casa sua, ha mosso qualche osservazione verso gli immigrati stranieri», ha tuonato leurodeputato del Carroccio Borghezio.
Se gli applausi sono giunti dal segretario dellUdc Cesa e dal presidente del Pd Rosy Bindi, cioè dallopposizione, il problema esiste ed è serio perché gli apprezzamenti non vengono da quella parte che ha insediato Fini nella carica.
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