RomaMarco Follini, bisogna dargliene atto, fece un pandemonio pur di dismettere i panni del vice di Casini: non sopportava più quel ruolo di comprimario. Per infilarseli, Gianfranco Fini ha chiesto e ottenuto il divorzio da Berlusconi, ha fondato un gruppo, ha fatto dimettere un ministro, un viceministro e quattro sottosegretari, ha portato la Camera che guida a votare una mozione di sfiducia che lui stesso ha orchestrato, con conseguente paralisi dei lavori parlamentari. Insomma: «Un gran casino - come si ripete in Transatlantico in questi giorni da area Pdl - per poi andare a fare il vice di Casini».
Con la nascita della «santa» Alleanza per lItalia di Fini, Casini, Rutelli e Lombardo, il ruolo di subalternità del presidente della Camera al leader dellUdc non è sottolineato solo dai nemici, ma anche da qualche amico, e pare corrispondere al vero analizzando prima di tutto i numeri. I centristi di Casini hanno ora più deputati di Fini: 35 contro 32. LUdc appare poi come un gruppo più compatto, mentre sarebbero almeno tre i deputati del Fli tentati di seguire l ex colomba Silvano Moffa, uscito dal gruppo dopo il 14 dicembre. LUdc è un partito, a differenza di Fli, che deve ancora costituirsi con una struttura. LUdc ha un simbolo, e di peso, lo scudocrociato. Futuro e libertà fatica pure a trovare un dominio in rete, perché la sigla Fli è già occupata dai logopedisti. Addirittura i sondaggi danno il partito di Casini vicino al 7% (6,8 secondo lultima inchiesta Euromedia), mentre i finiani sarebbero al 4,2. Al di là dei numeri, soprattutto Fini non può togliersi di dosso limmagine dello sconfitto. E Casini interloquisce con Berlusconi, prerogativa che Fini ha distrutto con le sue mani. Un primo possibile segnale di resa di Fini e Casini è stata una dichiarazione significativa del presidente della Camera di ieri sera: «Fu un errore non inserire un riferimento alle radici giudaico-cristiane nella Costituzione europea». Fini sa bene che la Chiesa non vede di buon occhio che i cattolici si alleino con il suo gruppo laico-progressista. E non può far altro che adattarsi alle circostanze. I malumori finiani stanno uscendo allo scoperto perché alcuni futuristi non hanno nessuna intenzione di vestire labito talare per fare un piacere a Casini. Luca Barbareschi: «Credo sia difficile trovare posizioni comuni, ad esempio su temi come il caso Englaro». Addirittura Alessandro Campi, il direttore scientifico di Farefuturo, rivista dellintellighenzia finiana, ha commentato: «Nel terzo polo non cè una leadership, non cè un programma, un disegno complessivo. Non andavano chieste le dimissioni di Berlusconi. Cè stato un eccesso di tatticismo». A proposito di sondaggi, se fossero confermati i pesi attualmente attribuiti, con lApi di Rutelli Udc e Fli non arriverebbero comunque a superare il 12%. Ma alla Camera Casini e Fini avrebbero intenzione di correre separatamente. Ecco allora che i finiani, se si votasse oggi, con il loro attuale credito di voti difficilmente otterrebbero più di 25 seggi, meno di adesso. E in caso non riuscissero ad arrivare al 4%, si dovrebbero accomodare addirittura fuori da Montecitorio. Potrebbe diventare molto pericoloso per Fini, in questo scenario, il progetto dellex colomba Moffa. Se davvero Moffa dovesse mettersi in testa di formare un nuovo gruppo parlamentare alleato del Pdl, toglierebbe peso e forza ai finiani.
La somma dei deputati di Fli, Udc, Api, Mpa, con Liberaldemocratici ora supera le 80 unità. In caso si andasse a elezioni, e la formazione ottenesse un 11% pieno di preferenze, i neocentristi si fermerebbero a quota 70 seggi. Ai primi di dicembre un sondaggio di Emg attribuiva al potenziale terzo polo più del 17% dei consensi, ma la ricerca era stata svolta prima della sconfitta finiana alla Camera. Insomma, le urne per ora non convengono proprio a nessuno nel terzo polo. Mancherebbe poi completamente un progetto unitario. Campi sottolineava ieri le idee discordanti sulla riforma elettorale.
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