Nel pomeriggio emiliano, di fronte a un migliaio di militanti, Fini descrive i disastri del «governo Pulcinella» che «con una mano fa e l’altra disfà». Che si fa l’opposizione da solo «con tutte le loro divisioni interne sulle tasse, lo sviluppo, le infrastrutture». Che rivendica «di aver rimesso in moto l’Italia anche se non se n’è accorto nessuno, perché non ci sono indicatori positivi ma soltanto i pesanti moniti di Draghi e del Fondo monetario». Che annuncia tagli alla spesa pubblica «e poi modifica la legge sulle pensioni con un aggravio di tre miliardi di euro per le casse dello Stato». Che scimmiotta la destra in temi come l’ordine e la sicurezza «e in questo modo fa oggettivamente il nostro gioco, perché tra originale e fotocopia vince sempre l’originale».
Una sinistra che per Fini «non è credibile». «È ridicolo che i cosiddetti moderati o riformisti come Amato e Veltroni prendano a modello Sarkozy e Giuliani: parlano a sproposito. Invece di costruire nuove carceri, fanno l’indulto. Toglieranno i lavavetri dalle strade assumendoli con i lavori socialmente utili. Non c’è sindacato di polizia che non lamenti tagli a stipendi e mezzi: sfido la sinistra ad accontentare le richieste delle forze dell’ordine. Voglio vedere Prodi in Parlamento stanziare fondi per polizia e carabinieri e chiedere i voti di coloro che vogliono le commissioni d’inchiesta sul G8 di Genova».
«La confusione nella sinistra è enorme, con il rischio paradossale che la dialettica maggioranza-opposizione si esaurisca al suo stesso interno», aggiunge Fini. Per questo il leader di An annuncia una «campagna d’autunno» di opposizione dura, che culminerà nella manifestazione romana del 13 ottobre contro le tasse e per la sicurezza («auspico una presenza massiccia anche di gente che non vota An»), ma comprende anche un avvertimento chiaro ai suoi senatori: «A Palazzo Madama, dove la maggioranza ha un vantaggio minimo, chi non sarà presente dovrà rispondere del suo operato».
Ma qui parte una serie di avvertimenti agli alleati, e anche all’interno di An: in mattinata, sempre a Mirabello, un dibattito tra La Russa, Gasparri, Bocchino e Violante sembrava spingere verso un dialogo sulle riforme a tutto campo con il centrosinistra «per scoprire le carte». «Attenzione al dialogo sulla nuova legge elettorale - puntualizza Fini -, la sinistra parla di confronto per allungare artificialmente la vita del governo. Vogliono coinvolgerci in discussioni dilatorie. Se la maggioranza è autosufficiente, noi non siamo disposti a fare una legge elettorale solo per evitare il referendum. Non è vero che questa legge non garantisce la governabilità: alla Camera con ventimila voti di scarto la sinistra ha una maggioranza di 60 seggi. Berlusconi ha ragione, si potrebbe votare anche con questo sistema. Basterebbe un ritocco, una legge di una sola riga che preveda di calcolare il premio di maggioranza del Senato su base nazionale e non più regionale. E bisogna avere la garanzia che appena cambiata la legge elettorale si vota subito: lo dice anche Lamberto Dini, sconfessando Prodi».
Altri distinguo sul modello elettorale tedesco sponsorizzato dall’Udc («In Italia non funzionerebbe, è una proposta destinata all’insuccesso») ma soprattutto sul partito unico del centrodestra rilanciato a Gubbio da Berlusconi. «Se sono rose fioriranno - temporeggia Fini -, noi siamo pronti a lavorare in questo senso. È vero che un grande contenitore del voto moderato non può prescindere da Forza Italia, ma dicendo questo Berlusconi si rivolge a Casini e Mastella che vagheggiano terzi poli centristi. Ma la realtà è che se si voterà in primavera, come è auspicabile, nella nostra coalizione non ci sono ancora prospettive precise. È noto che se il progetto unitario del centrodestra non è decollato non è certo responsabilità di An.
Bisogna passare dalle opinioni ai fatti, aprire un cantiere politico con proposte concrete. Non possiamo restare alla finestra limitandoci a contestare la sinistra. È il momento di lanciare un programma con forte impronta di alternativa». A sentire Fini, i veri nemici del partito unico del centrodestra sarebbero gli stessi politici. «Gli elettori sono molto più unitari degli eletti - spiega ai cronisti -, chiedono una semplificazione che per gli eletti è difficile. Per esempio, gruppi unici in Parlamento o nelle amministrazioni locali significano meno poltrone per tutti. Ma la leadership deve favorire quello che chiedono gli elettori».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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