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Fini: Silvio, qui sto e resto senza dubbi Berlusconi assicura: il governo è saldo

Intervista del presidente della Camera al Foglio che cerca la tregua con il Cav: "Si deve resettare tutto per scrivere un nuovo capitolo. In ballo la credibilità del centrodestra. Onoriamo l'impegno con gli elettori. Mai pensato a repulisti giustizialista". Bossi sulle frizioni nel Pdl: "Berlusconi e Fini? Se non si trovano ognuno andrà per la sua strada. Ma niente voto". Il Cavaliere: "Anche se ci dovessero essere divaricazioni nel partito, i numeri sono abbondanti e non cambia l'esecutivo". Sul ddl intercettazioni: "Troppe modifiche, tentato di ritirarlo"

Fini: Silvio, qui sto e resto senza dubbi 
Berlusconi assicura: il governo è saldo

Roma - "Resettare tutto, senza risentimenti": con questa formula esordisce Gianfranco Fini in una intervista al Foglio diretto da Giuliano Ferrara. Che cosa vuol dire, presidente? "Vuol dire che Berlusconi ed io non abbiamo il dovere di essere e nemmeno di sembrare amici, ma dobbiamo onorare un impegno politico ed elettorale con gli italiani. Per questo - spiega il presidente della Camera e cofondatore del Pdl - ci tocca il compito, anche in nome di una storia comune non banale, di deporre i pregiudizi, di mettere da parte carattere e orgoglio, di eliminare le impuntature e qualche atteggiamento gladiatorio delle tifoserie". "Qui sto e qui resto, in ogni senso. Nel senso dello schieramento e delle idee portanti. Se avessi dubbi radicali, se davvero fossi sfiduciato e amaro, non direi, anche sulle questioni della legalità, che si può e si deve resettare tutto, per scrivere un nuovo capitolo con un minimo di ottimismo". Onorare l'impegno politico preso con il Pdl è "l'unica via per evitare che una deflagrazione senza senso si porti via, tra le macerie di un partito e di una esperienza di governo, la credibilità del centrodestra, prima di tutto nella testa e nel cuore di quanti ci hanno seguito e dato il mandato di rappresentarli. Non ci sarebbero né vinti né vincitori, alla fine della mattanza". Lo afferma il presidente della Camera Gianfranco Fini in un colloquio con il 'Foglio'. "Quando dico che si deve chiudere una pagina conflittuale e aprirne una nuova, non faccio appello ai sentimenti, di cui non nego l'esistenza e che hanno la loro importanza per molti di noi; non esibisco né chiedo ipocrisie, faccio invece appello alla ragione, ai fatti, all'analisi politica e alle basi pubbliche e discorsive, intessute di dialogo e di capacità di riflessione comune, di qualunque possibile fiducia tra diverse leadership", aggiunge.

"Garantismo e legalità non sono in conflitto. La mia solidarietà verso chiunque sia colpito da gogna mediatica e da accanimenti palesi è di antica data, e resta intatta" aggiunge, assicurando di non aver mai pensato ad un 'repulisti giustizialista'. "A Napoli - ricorda Fini - ho parlato della stranezza del comportamento di un sottosegretario che si dimette senza avvertire l'opportunità di dimettersi anche da coordinatore regionale: ho invece letto il giorno dopo sul giornale di famiglia che avevo chiesto la testa di Silvio Berlusconi. Certo che se poi gli ultras, sempre nemici di ogni buon compromesso politico, riportano al capo che io voglio fare un repulisti giustizialista, allora prevale la logica degli anatemi". Ma, conclude, "non è possibile equivocare la mia posizione: io ho radici e appartenenza culturali e politiche chiare". 

Bossi "Ognuno andrà per la sua strada... se non si trovano, se non si incontrano ognuno andrà per la sua strada". È il futuro che Umberto Bossi immagina per il premier Silvio Berlusconi e il presidente della Camera Gianfranco Fini che stanno vivendo le ultime settimane da "separati in casa" all'interno del Popolo della Libertà. La rottura tra Berlusconi e Fini, però, aggiunge Bossi "non vuol dire che si vada alle elezioni".

Berlusconi: "Governo saldo" Ipotesi smentita anche dal premier: "Io sono assolutamente sereno e se ci sarà una divaricazione all’interno della maggioranza, i numeri sono abbondanti e non c’è alcuna possibilità di cambiamenti di governo o di maggioranza". Poi Berlusconi analizza la situazione: "Oggi è stata votata la manovra, il governo è saldo anche se i giornali danno un’altra versione. Mai come negli ultimi tempi la realtà del governo e del Paese è diversa da quella rappresentata dai giornali".

L'ipotesi espulsione Tra le misure disciplinari previste dallo statuto del Pdl c’è l’espulsione ed è proprio questa misura, secondo quanto si apprende da fonti di maggioranza, che Berlusconi avrebbe scelto di utilizzare per risolvere alla radice, con un atto politico molto forte, il rapporto con il co-fondatore e presidente della Camera. L’espulsione di Fini e dei finiani Italo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata, dovrebbe essere valutata da un ufficio di presidenza domani sera o al più tardi venerdì, a manovra approvata. Per prima cosa il premier vuole mostrare il proprio senso di responsabilità nei confronti del Paese, portando a casa la rigorosa manovra economica che l’Europa attende dall’Italia. Ma un minuto dopo, e non oltre, il Cavaliere pare deciso a risolvere il tormentato rapporto con il co-fondatore, che a suo giudizio insieme ai fedelissimi ormai da tempo non è più in linea con gli indirizzi politici del partito.

Discorso in parlamento Al più tardi martedì o mercoledì, Berlusconi si propone di tenere in parlamento un duro discorso contro l’uso della giustizia a orologeria e contro quella parte della magistratura che con il suo lavoro intende condizionare la politica. Una lunga riflessione che il premier avrebbe già messo nero su bianco, racconta chi ha avuto modo di leggerne alcuni passaggi. Il procedimento disciplinare dell’espulsione dal partito, che può essere inflitta secondo l’articolo 45 a chi compie "infrazione disciplinare o un atto comunque lesivo della integrità morale del Popolo della Libertà o degli interessi politici dello stesso", richiede comunque il ricorso al collegio dei probiviri ed il rispetto del contradittorio e di una ben precisa procedura. "L’espulsione - recita l’articolo 46 sulle misure disciplinari - è inflitta per infrazioni gravi alla disciplina del Movimento o per indegnità morale o politica". Una procedura complessa, motivo per cui c’è ancora chi invita il premier a ragionare semmai sulla espulsione dai gruppi, che avrebbe modalità più semplici. Berlusconi non potrebbe invece espellere dal governo ministri e sottosegretari finiani, ma è in suo potere avocare a sé le loro deleghe ministeriali. Tra i berlusconiani c’è poi chi ipotizza altre misure estreme, come quella di mettere in difficoltà il presidente della Camera con il rifiuto di Pdl e Lega di sedere alla Conferenza dei presidenti di gruppo da lui presieduta.

Il ddl intercettazioni "La legge sulle intercettazioni è stata massacrata da tutti gli interventi" che ha subito "e sono tentato dal ritirarla. Questa legge migliorerà qualche cosa, ma non ridà al cittadino l’inviolabilità delle comunicazioni che è nella Costituzione. Stiamo a lavorare delle notti, abbiamo mandato fuori un bel cavallo e viene fuori un ippopotamo...." conclude il premier. Poi parla della sua situazione: "In questo clima avvelenato ammetto che avrei potuto avere una carica di positività maggiore ma credetemi, è difficile essere da 16 anni perseguitato dai giudici su fatti che ho giurato sui miei figli di non avere non solo commesso ma neppure conosciuto" spiega agli ambasciatori italiani riuniti alla Farnesina per la loro settima conferenza. "Resistere - aggiunge il premier con un sorriso - per il solo senso di responsabilità verso i cittadini che hanno fiducia in questo premier, è qualcosa che definirei non solo desueto e anomalo, ma perfino eroico".

Bossi e il federalismo "Io voglio portare a casa il federalismo. Le Regioni sono senza soldi e mi ammazzano se non porto a casa il federalismo. Voglio far passare il federalismo prima delle elezioni" prosegue Bossi parlando a Montecitorio e dicendosi "sicuro" che non ci saranno elezioni perché è necessario approvare prima il federalismo.

La Lega sul caso Verdini e Bocchino Il leader della Lega non si pronuncia sulla situazione del Pdl alla luce dell’inchiesta sull’eolico. Alla domanda se il coordinatore Denis Verdini debba dimettersi, ha risposto così ai giornalisti alla Camera: "Non lo so". E sulle tensioni interne l'idea del Senatùr è chiara: "Bocchino ripete quello che ha detto Fini. Mi sembra naturale". Così ai cronisti che gli chiedevano del botta e risposta Verdini-Bocchino sulle dimissioni del coordinatore del Pdl. Le inchieste che hanno coinvolto esponenti della maggioranza? "Queste sono le uniche cose che fanno paura, le altre cose si risolveranno". Lo sostiene Bossi parlando a Montecitorio.

A chi gli chiede se sia auspicabile un passo indietro di Giacomo Caliendo, sottosegretario alla Gisutizia indagato per violazione della legge Anselmi nell’ambito dell’inchiesta sulla P3, Bossi risponde: "Non dico niente".

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