Fini teme le elezioni anticipate: "Un fallimento"

Il presidente della Camera: "Se avessi voluto esercitare una leadership personale mi sarei tenuto stretto un partito al 13%. Invece credo nel Pdl, non c'é alcuna intenzione di minare il consenso del centrodestra". Intanto Bossi se la ride e pensa alle regionali

Fini teme le elezioni anticipate: "Un fallimento"

Roma - "Fare un nuovo congresso del Pdl francamente mi sembra una non soluzione". Terna sui temi delle polemiche degli ultimi giorni, il presidente della Camera Gianfranco Fini a 'In mezz'orà e dice che nel Pdl si respira un "clima parossistico" e che comunque lui sta vivendo "con molta serenità" e di ritenersi "tranquillissimo" perché "con la coscienza a posto". "Se qualcuno pensa che il problema del Pdl o dell'attuale compagine di governo sia il ruolo del presidente della Camera mi pare un po' autoconsolatorio. Un partito del 35-40% ha il dovere di guardare al di là del contingente. Dare fastidio se chiedo ciò non toglie niente alla mia serenita".

"Non voglio la leadership" "No se io avessi voluto esercitare una leadership personale mi sarei tenuto stretto un partito al 13%. Io invece credo nel Pdl. Credo in questo progetto". riponde poi a Lucia Annunziata. "Questa settimana di protagonismo tv, come lei l'ha definita - prosegue - è per presentare il libro. Era dunque previsto da tempo. Non mi sarei poi immaginato che coincidesse con questi momenti della politica. Non sono uno che prevede il futuro". Un conto poi è affermare che "serva, ad esempio, una correzione di rotta", avverte Fini, altro conto è dire che "mi metto di traverso". "Non c'é nessuna intenzione di minare il consenso del centro destra" conclude.

"Nessun complotto" "La situazione attuale va superata, perché non è che io voglia fare un nuovo partito o archiviare il Pdl o abbia in testa un complotto: chi lo pensa non ha capito niente", ha aggiunto, spiegando che "molte volte sinistra e destra sono solo delle etichette messe per pigrizia su dei contenitori sempre più vuoti che rappresentano il presente ma non sono il futuro". Dunque, Fini invita a "superare la situazione attuale", per "smontare le etichette fasulle del passato". E invita a "riflettere chi da destra dice che Fini è diventato di sinistra". "Poi - aggiunge - quando si parla di complotto e si parla del capo dello Stato o del Presidente della Repubblica siamo al delirio". "Berlusconi - prosegue Fini - ha il diritto di governare e il dovere di rispettare il potere giudiziario". Fini poi spiega che il Lodo che autorizzava le alte cariche dello Stato a venire processate alla fine del proprio mandato "non credo fosse un motivo di scandalo". Il presidente della Camera afferma più volte che in questo periodo c'é stato un vero e proprio cortocircuito anche tra la politica e il potere giudiziario. "Ma comunque - conclude - tanto più qualcuno grida al complotto tanto più qualcuno pensa di abbattere Berlusconi per via giudiziaria".

La posizione sul Lodo "Quando ho letto la motivazione della sentenza della Consulta ho visto che questa ha motivato in modo difforme da quando bocciò il Lodo Schifani. Io ho il massimo rispetto per tutti, quindi anche per il Pd. Mi auguro che in quel partito discutano e no boccino l'ipotesi con una rottura con cui andare sulle barricate". "Il Parlamento è garante. Io credo che se c'é la volontà di risolvere il cortocircuito attuale senza garantire a Berlusconi l'impunità, nessuno può pensare di abbatterlo per via giudiziaria", ha concluso Fini. Il lodo Alfano per via costituzionale può benissimo essere portato avanti dal Parlamento insieme al ddl per i processi brevi. "L'una cosa non esclude l'altra". Secondo Fini il provvedimento che fissa in sei anni la durata dei processi "non deve destare scandalo" dal momento che l'Unione Europea ha condannato più volte l'Italia per i suoi ritardi. Alla domanda su come sia stato possibile che lui abbia dato l'avallo ad un simile progetto di legge, Fini ricorda che lui aveva già detto no all'ipotesi della cosiddetta prescrizione breve: un'ipotesi ventilata dal legale del premier Niccolò Ghedini che riduceva di un quarto il conteggio dei termini di prescrizione. "Schifani - prosegue il presidente della Camera - ha poi ragione quando invita a valutare il ddl al termine del suo iter parlamentare, visto che potrebbe subire dei cambiamenti". Fini comunque ribadisce che la "condizione preliminare" per il suo sì al testo è che ci sia anche uno stanziamento nella finanziaria per il settore giustizia, affinché gli uffici giudiziari "possano davvero celebrare in tempi rapidi i processi, magari lavorando anche di pomeriggio". "Ma senza queste risorse", avverte, il ddl sarà difficilmente applicabile. Fini difende anche l'ipotesi di un lodo Alfano per via costituzionale e ribadisce che le due iniziative legislative non sono alternative. Un conto è garantire la governabilità dando la possibilità alle alte cariche dello stato di venire processate al termine del loro mandato. Un conto è assicurare il diritto dei cittadini "a vedersi dare torto o ragione in tempi rapidi". I due testi "possono benissimo andare insieme di pari passo", osserva. Ma il numero uno di Montecitorio ribadisce anche che il ddl per i processi brevi "non è certo la riforma della giustizia".

Berlusconi parli alle camere "Auspico che il presidente del Consiglio se ha qualcosa di rilevante da dire lo faccia; e magari lo faccia in Parlamento". Se il premier venisse alle Camere, rileva, "sarebbe un modo per sottolineare il rispetto che egli deve avere del Parlamento e della sua centralità nel nostro sistema istituzionale, soprattutto de deve presentare una riforma della Costituzione o debba tenere un messaggio forte alla Nazione"."Da quello che so io no, ma il presidente del Consiglio avrà altre informazioni", ha detto rispondendo alla domanda se le minacce alla sicurezza di Silvio Berlusconi siano serie. "Mi è stato detto che il cittadino libico che è stato arrestato su di me aveva solo dei ritagli di giornale da non prendere sul serio. Il che però - ammonisce - non vuol dire che su Berlusconi ci sia qualcosa di più serio".

No alle elezioni anticipate "Le elezioni anticipate sarebbero il fallimento della legislatura", ma anche "del Pdl" che "é il fatto nuovo di questa legislatura di cui Silvio Berlusconi può a buon diritto menar vanto".  "Questa legislatura - spiega Fini - é nata con una maggioranza molto ampia, con la Lega, per Berlusconi. Si tratterebbe di spiegare agli italiani che con una maggioranza tanto alta non si riesce a governare; le spiegazioni a volte convincono, altre no. E poi questa legislatura nasce con un grande fatto politico di cui Berlusconi può menar vanto, la nascita del Pdl". Dunque, per Fini le elezioni anticipate "sarebbero il fallimento della legislatura sia per gli elettori dia per il Pdl. Non penso che le elezioni anticipate possano essere evocate, a meno che non ci si convinca della bizzarra teoria del complotto. In ogni caso, nella Costituzione vigente nessuno, neanche il presidente del Consiglio, può sciogliere le Camere se non il Capo dello Stato".

Bondi: "Bene Fini sul Lodo" "L'intervista rilasciata dal presidente della Camera a Lucia Annunziata contiene opinioni in larga parte condivisibili". Lo afferma il coordinatore del Pdl Sandro Bondi, secondo il quale "in particolare è condivisibile la proposta di ripresentare, parallelamente al ddl sull'accelerazione dei processi, un provvedimento di natura costituzionale che tuteli le più alte cariche dello Stato durante lo svolgimento del proprio mandato". "Tutti dobbiamo operare - rileva il ministro dei Beni culturali - affinché l'attuale legislatura sia la legislatura delle riforme, secondo la volontà espressa poco più di anno fa dal popolo italiano". "Eventuali elezioni anticipate sarebbero solo la presa d'atto dell'impossibilità da parte del Parlamento di realizzare le riforme di cui l'Italia ha bisogno".

"In questo senso - conclude il ministro della Cultura - ha ragione il presidente della Camera ad osservare che esse sarebbero anche una sconfitta per il Pdl, che ha invece qui ed ora la possibilità di dimostrare la comune vocazione alle riforme, la propria compattezza, nonché la propria lealtà nei confronti del Presidente del Consiglio, in una linea di resistenza democratica all'assalto militante di certa magistratura".

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