da Roma
È uno strano duello quello tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. Fatto di toni epici, graffi verbali, puntualizzazioni, recriminazioni e stoccate a distanza. Ma anche di accelerazioni che si tramutano in improvvise frenate e in offerte di pace, spesso pronunciate a mezza bocca.
Questa volta a tentare di abbassare un po i toni, allindomani dellaffondo portato domenica durante lAssemblea nazionale del partito, è il proprio leader di An. Fini si dice «pronto a parlare con Berlusconi» e invoca «le ragioni dellunità» del centrodestra. Lapertura di uno spiraglio, insomma, cè ma è condita da parecchie condizioni e da una vibrante richiesta di riconoscimento di pari dignità politica.
«Sarei ipocrita se dicessi che nel centrodestra va tutto bene. Ma ci rendiamo conto che per battere le sinistre è indispensabile che prevalgano il buon senso e le ragioni dellunità?» dice Fini. Tutto questo fermo restando che An «va avanti per la sua strada. Non teme né isolamenti, né perdite di consenso perché abbiamo la presunzione di avere nostre proposte, idee e valori». Un modo per dire che la strategia, ora, passa dalla compartecipazione degli interessi con Forza Italia alla competizione diretta e a tutto campo con il partito azzurro. Una politica delle mani libere che punta a identificare An, in vista della Conferenza programmatica di febbraio, come il partito della proposta, attraverso una grande opera di mobilitazione di tutta la dirigenza su disegni di legge e petizioni popolari, molti dei quali marcatamente legati ai valori della destra. Un appuntamento, quello di febbraio, su cui il leader di An punta con decisione, arrivando a identificarlo come una sorta di «Fiuggi 2», ovvero come unoccasione per un nuovo battesimo e un nuovo rilancio. «Alleanza per lItalia è il titolo della conferenza che faremo a Milano proprio per presentare il nostro progetto per governare lItalia. Non è una risposta» alle provocazioni di Berlusconi e, soprattutto, non è un partito» puntualizza Fini.
I fuochi del conflitto interno al centrodestra, naturalmente, non sono ancora spenti. Il problema per il leader di An sta tutto su cosa Berlusconi deciderà di fare sulla legge elettorale e come risponderà alla proposta veltroniana, il cosiddetto «Vassallum», da lui liquidato come una «legge truffa». Un epiteto rispedito al mittente dallautore della proposta di riforma, Salvatore Vassallo, che ieri, in una lettera al Corriere, ha contestato al leader di An di aver pronunciato «parole ingiustamente ingiuriose». A Via della Scrofa, comunque, si ragiona in termini di realismo politico. «Fino al 16 gennaio parlare di riavvicinamento o allontanamento tra Fini e Berlusconi non ha molto senso. La partita vera per il futuro del centrodestra inizierà quel giorno, quando si conoscerà il verdetto della Corte costituzionale sullammissibilità del referendum». La situazione, insomma, è complessa. E si arricchisce di unaltra variabile visto che oggi al Senato Enzo Bianco presenterà una bozza, alla cui stesura avrebbe contribuito anche il lavoro di consultazione fatto da Veltroni nelle scorse settimane, che dovrebbe prevedere uno sbarramento intorno al 5%, il 50% di collegi uninominali e il 50% di liste circoscrizionali bloccate. Una proposta che An promette di «valutare con attenzione» ma che, in assenza di premio di maggioranza e indicazione del premier, dovrebbe comunque essere rispedita al mittente.
Di fronte a questo scenario così frastagliato, Fini fa capire che nulla può essere escluso a priori. E così, alla domanda se ritenga possibile una nuova alleanza con Savino Pezzotta e Luca di Montezemolo, la risposta è sul filo della diplomazia e della malizia. «Le alleanze si fanno sul programma e quando si è deciso di avere le mani libere cè un confronto con tutti e tutti vedono tutti».
Forza Italia, a sua volta, assiste allinfinita querelle, oscillando tra la rabbia e lobbligo della realpolitik. I toni duri, questa volta, sono incarnati da Sandro Bondi: «Fini insiste nella sua sterile polemica con Berlusconi e mi chiedo quale bussola lo guidi. Forse non si è reso conto della gravità delle parole pronunciate perché quando si afferma che Berlusconi, al quale peraltro la destra deve luscita dal ghetto politico, è arrivato alle comiche finali, si è perso non solo il rispetto e la misura, ma anche la percezione della realtà».
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