Per Finmeccanica più investimenti e piani d’espansione

Per Finmeccanica più investimenti e piani d’espansione

Bill Kilgore

È il momento di consolidare le acquisizioni compiute negli ultimi anni e sfruttare appieno le potenziali sinergie, riducendo i costi e migliorando la redditività, ma senza trascurare le opportunità per nuove alleanze o acquisizioni. È l’obiettivo che il management di Finmeccanica, guidato da Pier Francesco Guarguaglini, ha stabilito per la società, che va sempre più focalizzandosi sul core business aerospaziale e della difesa, come conferma la recente operazione di collocamento in Borsa di Ansaldo STS, attiva nel settore ferroviario, con conseguente riduzione della quota di capitale al di sotto del 50%. Finmeccanica nell’esercizio 2005 ha registrato un valore della produzione di 11,4 miliardi, un risultato operativo di 735 milioni, un flusso di cassa di 500 milioni e un utile netto di quasi 400 milioni. E le prospettive per i prossimi anni sono più che positive, con una crescita del valore della produzione a 12,7-13 miliardi quest’anno, a 13,6-14 miliardi nel 2007 e un risultato operativo tra 840-860 milioni atteso nel 2006 e di 960-1.000 milioni nel 2007.
L’indebitamento è al di sotto degli standard del settore, mentre l’investimento in ricerca e sviluppo, un metro immediato della vitalità di una azienda e della sua volontà di aggiornare e accrescere il know-how, ha toccato nel 2005 la cifra record di 1,7 miliardi, il 15% del valore della produzione. Finmeccanica è tra le società italiane che investono di più in ricerca, sia in termini assoluti, sia in percentuale del fatturato. E si tratta di investimenti in alta tecnologia con una valenza strategica per il Paese. Finmeccanica, poi, sta perseguendo una strategia che la porta a una progressiva internazionalizzazione: già oggi su quasi 57mila addetti in organico quasi 15.500 lavorano all’estero, oltre 9.100 nel Regno Unito. Finmeccanica, del resto, vuole crescere là dove esistono le condizioni di mercato e di accessibilità delle commesse. Già oggi è diventata uno dei fornitori principali del ministero della Difesa britannico e il Regno Unito è anzi diventato il «secondo mercato domestico». Esistono le condizioni per conquistare uno spazio di rilievo anche nel mercato della difesa Usa. Nel caso in cui l’alleanza nell’elettronica per la difesa con il gruppo Thales diventasse realtà, si aggiungerebbe anche il ricco mercato francese, secondo in Europa.
In questo modo si può compensare il taglio degli investimenti nazionali per l’ammodernamento dello strumento militare, che prosegue dal 2004. È prevedibile, anche in virtù dei deboli segnali di ripresa economica, un’inversione di tendenza, in mancanza della quale i corsi della società non potrebbero che subire un ridimensionamento. È evidente, infatti, che una società che opera in un settore così particolare, caratterizzato poi da una fortissima competitività, non può prescindere dal sostegno del «Sistema Paese», che si deve sostanziare in un significativo mercato interno, ma anche in politiche che favoriscano l’innovazione e la ricerca, la commercializzazione dei prodotti all'estero e la stipula di accordi di collaborazione e alleanze integrate con i grandi gruppi internazionali.
Nella sua espansione Finmeccanica, pur continuando a presidiare tutti i settori chiave, ha opportunamente concentrato gli sforzi e le risorse in alcuni comparti: elettronica per la difesa e telecomunicazioni, che promette il più forte tasso di crescita nei prossimi lustri; elicotteristica, nella quale, con AgustaWestland, già vanta una leadership mondiale; aeronautica, civile e militare, con prodotti specifici e una competenza riconosciuta nelle aerostrutture.

Grazie a una politica delle alleanze oculata, che punta a ottenere partecipazioni di controllo o minoranze qualificate con garanzie di governance e degli interessi strategici, si ha una presenza significative ove è opportuno (missili, spazio), si mantengono nicchie di eccellenza (armi subacquee, artiglierie navali) o si punta a una posizione di vertice a livello mondiale. Quanto al business civile, che pesa meno del 20%, si è riusciti a ristrutturare e risanare prima e in larga misura a rendere profittevoli attività che in passato producevano solo perdite.

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