Finto pacco bomba, Malpensa scopre la paura

L’allarme bomba si abbatte su Malpensa al termine dei tre giorni di massima allerta terrorismo. E scatta a pochi passi dall’imbarco per New York, una delle rotte più blindate. Abbastanza per mandare nel panico i passeggeri. Sono passate da poco le 13 quando un’addetta delle pulizie nota un pacco sospetto nel bagno degli uomini. Non si avvicina nemmeno e avverte subito gli agenti della Polaria. Trascorrono pochi minuti e la zona viene fatta sgomberare e transennata. Stessa procedura di evacuazione per l’area dei check-in, dove sono in coda i vacanzieri diretti a Cancun e ad Hurgada, e per il piano di sopra, dove si trova un ristorante. «C’è una bomba» sussurra qualcuno. Il passaparola è velocissimo. Qualcuno si allontana di corsa, qualcun altro sdrammatizza: «Sarà il solito zainetto dimenticato in giro». Così non è.
Il pacco sospetto è una scatola di venti centimetri per dieci, avvolta da un nastro adesivo nero, da cui spuntano una piccola antenna e alcuni fili elettrici. Sul posto arrivano gli artificieri. Uno di loro, protetto da uno scafandro, porta il presunto ordigno fuori dai bagni. Il pacco viene fatto brillare e colpito con un potente getto d’acqua. È lì che va in frantumi e svela il suo contenuto: un innesco e un radioricevitore. Fortunatamente manca l’esplosivo ma per il resto la scatola è stata confezionata per sembrare, in tutto e per tutto, una bomba vera.
L’ipotesi di reato a cui sta lavorando la Polaria è di procurato allarme. Gli investigatori escludono la pista del terrorismo e pensano si tratti di un’azione dimostrativa, su cui per il momento non sono arrivate rivendicazioni. Per questo il fascicolo non sarà aperto dalla Procura di Milano ma da quella di Busto Arsizio, nella zona dell’aeroporto.
Dopo meno di quattro ore dall’allarme bomba, in aeroporto tutto torna alla normalità. L’allerta e l’intervento delle forze dell’ordine non hanno comunque rallentato più di tanto le operazioni di imbarco. I passeggeri e le hostess di terra sono stati trasferiti in una zona più tranquilla e ognuno è stato imbarcato sul suo volo. Intorno alle 16,30 sono state tolte le transenne piazzate ai check-in dall’area 9 all’area 13, da quelli delle compagnie americane fino a quelli di Lufthansa. E tutto è tornato alla normalità.
Resta aperto il problema della sicurezza. A Malpensa ci sono oltre 600 uomini a controllare i movimenti all’interno dello scalo: cento assunti da compagnie private e circa 500 arruolati da Sea, la società che gestisce l’aeroporto. Eppure qualcuno è riuscito a entrare e a piazzare la finta bomba prima di passare al vaglio dei metal detector. I sistemi di controllo sono stati potenziati, sia per affrontare il maggior traffico delle vacanze di Natale, sia per rispondere all’allarme terrorismo dopo l’attentato fallito sul volo Amsterdam-Detroit. Ma non sono pochi quelli che chiedono di tenere alta la guardia e di non sottovalutare una provocazione come quella di ieri.

Va bene i controlli potenziati, va bene l’utilizzo di apparecchi speciali come gli sniffer, ma a tanti sembra assurda la richiesta dell’Enac, ente dell’aviazione civile, alla compagnia low cost Ryanair perché al check-in accetti anche licenze di pesca e badge aziendali al posto della carta d’identità o del passaporto. A permetterlo è una sentenza del Tar del Lazio ma la compagnia irlandese è la prima a non sentirsi sicura. Tanto da minacciare uno sciopero dei voli interni all’Italia a partire dal 23 gennaio.

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