Firenze celebra il mito italiano dei bersaglieri

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da Firenze

Vederli correre su Ponte Vecchio, a Firenze, vederne correre 400, una fanfara infinita, tra due ali di folla e qualche tricolore, fa una certa impressione. Come impressione fa il concerto, l'inno italiano, l'ammainabandiera in piazza della Repubblica. Si conclude così, il cinquantatreesimo raduno nazionale dei bersaglieri di Firenze. Ottomila bersaglieri e centomila persone per un unico abbraccio in quella che il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, definisce «una grande festa popolare e collettiva». E il sottosegretario alla Difesa, il senatore Francesco Bosi, ricorda che «la protezione in armi si rende necessaria per garantire nelle aree del mondo più martoriate il rispetto della convivenza civile, minacciata dall’odio, dal terrorismo e dalle dittature».
A Firenze ci sono vecchi bersaglieri che stringono i loro cappelli con le lunghe piume e osservano le donne in divisa. Non ci sono abituati, ma è una piacevole sorpresa. E di sorprese, i bersaglieri, ne hanno riservate tante a Firenze. Come l'enorme tricolore largo come la via Tornabuoni, portato di corsa (insieme ad altre grandi bandiere) dalle staffette. Come la maxifanfara composta da 400 bersaglieri. Come il passaggio sul Ponte Vecchio. Un ponte che ha su di sé tutta la storia di Firenze: unico a non essere saltato durante la ritirata dei nazisti. Passare di lì, di corsa, con le piume che tengono il ritmo del passo, tra la gente che applaude e che si commuove, tra i giapponesi che fotografano e non capiscono, è una sorpresa per Firenze.

Contribuisce, a questo mito, quel cappello con le piume così caratteristico, la vecchia bicicletta che non ti fa tenere l'equilibrio, le trombe, i bombardini, i flicorni, il mistero mai svelato di come facciano, i bersaglieri, a correre con una giornata afosa come questa e suonare la tromba senza stonare, senza perdere un colpo, senza crollare a terra senza più fiato.

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