da Firenze
«Secondo me le critiche al dialogo sono cascami di estremismo da combattere con determinazione». Luciano Violante torna alla Festa democratica di Firenze, si confronta con il ministro ombra alla Giustizia del suo partito, Lanfranco Tenaglia, e non recede affatto dalle aperture avanzate con l'intervista al Giornale, nonostante gli attacchi che gli arrivano da sinistra. Con il prodiano Franco Monaco che tuona: «Il Pd non può farsi dettare la linea sulla giustizia da Violante», e il capo di Sinistra democratica Claudio Fava che chiede al Pd di spiegare se sta con l'ex presidente della Camera. Il quale ribadisce: «In campagna elettorale avevamo detto che avremmo fatto le riforme con Berlusconi se avessimo vinto. Siccome abbiamo perso non dovremmo farle più?». Il dialogo, spiega, «bisogna cercarlo, senza paura del confronto. Tra l'altro le tesi da me sostenute non mi sembra che siano condivise dal centrodestra, come ad esempio il no alla separazione delle carriere o l'obbligatorietà dell'azione penale». E d'altronde dialogare «non vuol dire essere d'accordo, ma essere disponibili al confronto».
Molto più cauto Tenaglia, secondo il quale la maggioranza si occupa di «riformare un solo processo, quello Mills», e il problema della giustizia italiana è uno solo e si chiama «efficienza». «Siamo il Paese più condannato dalla Corte europea per la lunghezza dei processi, è questa l'emergenza su cui intervenire anche se Alfano non pare coglierne la priorità». Violante gli ribatte: «Non ho mai creduto allefficienza della giustizia in quanto tale: bisogna parlare dei singoli uffici giudiziari, perché ci sono divari enormi da distretto a distretto sulla durata dei processi e sui costi». Secondo lui, invece, bisogna intervenire «non solo sulla giustizia come servizio, ma anche come potere.
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