Firmato il contratto metalmeccanici. Fuori la Fiom

Tr\0a gli industriali della Federmeccanica e Fim-Cisl e Uilm, è stato raggiunto ieri un accordo sul contratto nazionale per oltre un milione di lavoratori metalmeccanici: aumenti medi a regime per il triennio 2010-2012 di 112 euro mensili (contro i 113 richiesti). E saranno corrisposti 15 euro mensili in più dal gennaio 2011 a coloro che non hanno la contrattazione integrativa. La prima tranche degli aumenti sarà più leggera sia per la crisi sia per la bassa inflazione. Dall’intesa si è esclusa la Fiom-Cgil, che aveva già rifiutato la cornice quadro dell’accordo sulla contrattazione nazionale siglato da Confindustria, Cisl e Uil nello scorso gennaio.
La Fiom è ormai alla deriva da quando nel maggio del 2009 il suo leader Gianni Rinaldini è stato buttato giù da un palco a Torino da attivisti dei comitati di base fino allo sciopero del 9 ottobre fallito con le piazze riempite dagli studenti.
È un lungo autunno quello del sindacato industriale più antico d’Italia che si è man mano rinchiuso su posizioni sempre più massimaliste. La Fiom si era già isolata agli inizi del Duemila quando le altre organizzazioni sindacali di categoria e gli imprenditori avevano chiuso ben due accordi separati (cioè senza Cgil) nel 2001 e nel 2003. Poi però la Fiom era stata rimessa in gioco dai vertici della Confindustria postdamatiana che invece di una limpida logica sindacale cercavano di mantenere rapporti privilegiati per la Fiat e di favorire quei giochetti politici che poi regalarono all’Italia il governo Prodi. Quella stagione è chiusa, il presidente di Federmeccanica, Pierluigi Ceccardi, interpreta gli interessi di tutta la categoria, al Lingotto domina Sergio Marchionne che vuole costruire una grande multinazionale non un’impresa infeudata nella politica e nelle manovre oligarchiche. L’insieme della società produttiva italiana vuole guardare avanti non ai poteri e ai pasticci del passato. Questo è il segnale che viene da un accordo come quello di ieri che ha un valore che non può essere sottovalutato. Una serie di istituti definiti dall’accordo come il nuovo fondo per il sostegno al reddito che sarà alimentato inizialmente dalle imprese con un versamento di 2 euro all’anno per ogni dipendente, e poi anche da trattenute ai lavoratori, insieme ad altri strumenti bilaterali, avvia una logica profondamente cooperativa e partecipatrice che supera l’antagonismo proprio in quella categoria che era stata all’avanguardia delle lotte più dure. É un segnale che riguarda tutte le partite in corso da affrontare con spirito costruttivo senza cercare forzature e strappi.
Intanto la deriva della Fiom si consuma assieme allo sbando di una Cgil già grande e potente ma oggi sempre più smarrita.

Con massimalisti e riformisti che si rincorrono e s’intrecciano tra loro, che si alleano ora con Pierluigi Bersani ora con Dario Franceschini senza quasi più una logica né politica né sindacale ma solo con la disperazione di nomenclature alla ricerca di protezione. Mentre i loro operai di concerto con i loro imprenditori votano sempre più spesso per il centrodestra. Almeno finché non tornerà una politica concreta che non insegua solo giochi di potere o nostalgie ideologiche.

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