Firme raccolte su fogli volanti, senza nemmeno lo spazio a fianco per la certificazione. Altre «verificate» direttamente da un candidato al Consiglio regionale, contrariamente a quanto dicono la legge e il buon senso. Altre ancora consegnate in ritardo rispetto alla scadenza dei termini: non il tempo di mangiarsi uno sciagurato panino, ma proprio il giorno dopo. Centinaia di firme irregolari, tutte accolte senza fare una piega dalla commissione elettorale. Chissà cosa direbbe il Tar di questa storia. Ma il bello è che il Tar si è già espresso, fissando un principio: tra vizi formali nelle procedure elettorali e volontà dei cittadini, in democrazia vince la seconda.
La sostanza delle irregolarità è identica: lunica differenza è che non siamo nel Lazio o nella Lombardia del 2010, ma nella Sardegna del 2004. E che le liste «pasticciate» sono quelle che porteranno alla vittoria del candidato governatore del centrosinistra, Renato Soru. Per consentire a quelle liste di partecipare lo stesso alla competizione elettorale, in questo caso non servono mediazioni del Quirinale né decreti del governo. Infatti al momento della consegna in tribunale vengono giudicate tutte regolari. Il caso esplode solo allindomani del voto, quando due ex consiglieri di Forza Italia, stavolta trombati, e alcuni privati cittadini fanno ricorso al Tribunale amministrativo.
La sentenza arriva l8 giugno 2005. Nel merito, il Tar dà ragione a ben quattro «censure» dei ricorrenti. Illegittima la lista dei Verdi a Sassari, dove 199 firme erano state presentate con 24 ore di ritardo. Illegittima la lista regionale che era priva perfino di uno spazio per lautenticazione. Irregolari pure alcune firme senza data dellUdeur e del Partito sardo dazione. Ma alla fine il giudice respinge il ricorso in toto, «in applicazione del necessario bilanciamento tra il principio di conservazione degli atti, il principio del favor voti e linteresse pubblico alla legalità della competizione elettorale».
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