Milanello In migliaia hanno sfidato il sole fin dal mattino. Magari sognando un regalo a sorpresa di Silvio Berlusconi, tornato dopo tre anni di assenza a presenziare al raduno della squadra. «Non ci basta il greco (Papastatopoulos ndr), prendici Edin Dzeko», recitava uno striscione del gruppo «Milanisti non evoluti»". Ma il Diamante (con la «D» maiuscola, come lo chiamano nella sua Bosnia) costa tanto. Forse troppo. Come tutte le altre pietre preziose del calciomercato. Così il colpo in pieno stile hollywoodiano non è arrivato. Niente annunci clamorosi, di acquisti all'orizzonte nemmeno l'ombra.
Eppure la tanto declamata contestazione è filata via senza lasciare molte tracce di sé. Quasi si fosse squagliata sotto il sole cocente di Milanello. Certo non è mancato qualche (per la verità tenero) rimbrotto alla società. Il culmine della protesta alle 14 e 30, poco dopo l'atterraggio in elicottero di Berlusconi. Quando la Curva Sud ha intonato possente il coro «Vogliamo un presidente», accompagnato da qualche fumogeno. Come se il Milan fosse rimasto completamente orfano di quel capo giudicato un po' troppo assente nell'ultimo periodo («Da invincibile a invisibile» recitava uno degli striscioni). Tutto sommato poca roba.
A rincuorare i tifosi milanisti ci hanno pensato le (poche) facce nuove. Da Amelia a Papastatopoulos, fino all'acclamatissimo mister Allegri. Emozionati nel firmare per la prima volta i primi autografi da rossoneri ai cancelli del centro sportivo. Poi per tutto il pomeriggio il popolo di Milanello è rimasto in trepidante attesa delle parole del premier. Dinho resta? Chi arriva? Chi parte? Gli interrogativi erano tanti. E le risposte forse hanno deluso qualcuno, come testimonia un eloquente striscione degli ultras srotolato solo dopo le 17: «È un anno che non ti fai vedere, torni a casa e ti presenti a mani vuote
che coraggio!».
Larrivo dei giocatori sul campo dallenamento ha riacceso gli entusiasmi.
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