Roma - L’applauso più lungo è arrivato quando Carlo Sangalli ha condannato l’evasione fiscale che «mina le fondamenta del patto di cittadinanza», frena lo sviluppo del Paese e penalizza chi paga regolarmente le tasse. Poi quando ha chiesto di ascoltare le ragioni di chi, in questi tempi, non ce la fa e rischia di abbassare la saracinesca per sempre.
Applausi pari solo a quelli che i delegati all’assemblea di Confcommercio hanno riservato al ministro dello Sviluppo Paolo Romani quando ha dato l’annuncio più atteso: non ci sarà nessun aumento dell’Iva. «Non è assolutamente intenzione del governo - ha detto scandendo le parole il ministro - costruire la riforma fiscale su un incremento dell’Iva. Sarebbe uno strumento che frena la crescita mentre serve un forte stimolo alla domanda interna».
Poco prima, il presidente di Confcommercio aveva lanciato l’allarme della categoria: «Se si ipotizza una sorta di scambio tra la riduzione delle aliquote Irpef e l’innalzamento delle aliquote Iva siamo assolutamente contrari, perché alimenteremmo l’inflazione e colpiremmo i consumi delle famiglie». Romani ha detto di comprendere la preoccupazione dell’associazione, e ha assicurato che è in primo luogo Palazzo Chigi a non volere inasprimenti dell’imposta sui beni. C’è «la testimonianza diretta del presidente del Consiglio».
Un cruccio in meno per i commercianti, anche se la situazione per i piccoli imprenditori descritta da Sangalli è difficile, così come quella dell’economia italiana, che sta crescendo in modo «modesto e fragile». I consumi, secondo le stime di Confcommercio, sono ancora in frenata. Cresceranno dello 0,7 per cento quest’anno e dell’1,2 per cento nel 2012. Calo che colpisce quasi totalmente prodotti e servizi made in Italy, visto che l’80% dei consumi delle famiglie sono concentrati sulla produzione nazionale. Se con la riforma fiscale si decidesse di spostare un punto di Pil dall’Irpef all’Iva, si ridurrebbero i consumi di un punto percentuale e il Pil ne risentirebbe per lo 0,6 per cento. L’alternativa è quella di recuperare l’evasione e utilizzare il «dividendo» per abbattere la pressione sui contribuenti onesti. Poi c’è un’altra strada: «Debellando abusivismo e contraffazione», che colpiscono soprattutto il commercio, «la nostra economia registrerebbe un incremento di valore aggiunto tra i 18 ed i 25 miliardi di euro».
Il leader della principale associazione dei commercianti fa riferimento alle proteste delle aziende che rischiano la chiusura per fisco. La politica non può non tenere conto dei tanti imprenditori che non ce la fanno. Bisogna «ascoltare e capire le ragioni di chi davvero non ce la fa più a pagare troppe tasse e troppi contributi. È gente che non conosce l’indirizzo dei paradisi fiscali, ma che sente sulla propria pelle i morsi della crisi. Non meritano di essere tutti bollati come evasori e di essere condannati alla chiusura delle loro imprese».
Non sono mancate bacchettate sulla spesa pubblica che non accenna a diminuire. «Gli esami per le imprese non finiscono mai. Vorremmo che questo principio si applicasse sempre di più alle pubbliche amministrazioni e alla spesa pubblica». Protesta, che finisce per dare un sostegno al ministro dell’Economia Giulio Tremonti che si appresta a varare la manovra correttiva che conterrà, tra le altre cose, il rafforzamento del principio dei costi standard. Non sono mancate polemiche dirette su scelte del governo, ad esempio quelle che rischiano di danneggiare il turismo. Solo «sanando errori da matita blu come la reintroduzione della tassa di soggiorno» il settore potrà risollevarsi.
Più in generale, i commercianti vogliono «responsabilità e unità». Richiesta rivolta alle parti sociali (l’ultimo accordo sul commercio è stato firmato senza la Cgil), ma anche alla politica. Perché, «anche nel nostro Paese, l’indignazione cresce».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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