Roma - In crisi con
la politica, perché «il filo del dialogo sembra interrotto», al punto
da proporre una riforma elettorale che dia più potere ai cittadini e
meno ai partiti. Sicuri che la prima delle riforme sia il taglio delle
tasse. Ma le analogie tra Rete imprese Italia e Confindustria
finiscono qua.
L’assemblea dell’associazione che federa
Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti è
stata l’occasione, a un anno dalla fondazione, per fare il punto sulle
richieste di un mondo che rappresenta 2,6 milioni di imprese, circa il
60 per cento del valore aggiunto italiano e il 58,5 per cento di tutti
gli occupati.
Fisco innanzitutto. Il presidente pro tempore
Giorgio Guerrini, che è anche leader di Confartigianato, si è detto
fiducioso. «Credo nella volontà di Tremonti di fare la riforma
fiscale. La farà». Grandi aspettative sulla semplificazione annunciata
dal ministro dell’Economia. Ma «un fisco più semplice non basta.
Parliamoci chiaro- ha detto alla platea di commercianti e artigiani
che ieri si erano riuniti all’Auditorium di Roma- non possiamo
sopportare una pressione oltre il 50%».
Guerrini ha affrontato il tema anche per non lasciare sul tavolo solo le proposte della confederazione guidata da Emma Marcegaglia.
Rete imprese è contraria allo scambio Iva-Irap proposto da
Confindustria, perché un aumento dell’Iva danneggerebbe i consumi
penalizzando la ripresa economica. E abbassare solo l’imposta
regionale aiuterebbe esclusivamente le grandi imprese. La soluzione è
trovare un «numero magico », cioè un equilibrio tra le diverse leve,
compresa la tassazione delle rendite finanziarie. Contrario a un
aumento dell’Iva anche il numero uno della Confcommercio, Carlo
Sangalli: «Se vogliamo recuperare l’evasione il metodo non è certo
questo».
Come nel congresso di un anno fa, Rete imprese sottolinea
le differenze con i grandi. Se per Marcegaglia il credito di imposta
per le nuove assunzioni al Sud è una «misura elettorale », Rete
imprese pensa sia un incentivo utile. La proposta di Confindustria di
detassare la ricerca, invece, non va. «Anche noi facciamo ricerca,
ma non è una voce nei bilanci delle Pmi».
Guerrini indica altre priorità care alle piccole imprese. La
liberalizzazione dei servizi pubblici, una riforma che «accorci
veramente i tempi della giustizia civile». Un ulteriore sforzo sulla
semplificazione, perché le aziende non possono più sopportare
«adempimenti che costano oltre 20 miliardi di euro all’anno». Bene
quindi il progetto «Imprese in un giorno» e la Scia, segnalazione
certificata di inizio attività. Ma il processo per portarle a
termine «è ancora troppo lento». Il governo dovrebbe premere
sull’acceleratore anche per la detassazione del salario
variabile. Le riforme del ministro Maurizio Sacconi sono giuste,
compresa l’ultima, l’apprendistato che riconosce finalmente l’azienda
come luogo formativo. Però «abbiamo ancora tre milioni di donne che
vorrebbero lavorare, ma non lo fanno. Abbiamo due milioni di giovani
fuori dal mercato del lavoro».
Tra le riforme, una può nascondere
rischi. C’è il pericolo che i principi del federalismo vengano
«travolti nella loro attuazione, generando» complessità e «un
ulteriore aumento delle tasse». Bocciate, ad esempio, la tassa di
soggiorno e l’imposta municipale. Insomma «un federalismo che alza
le tasse a noi non piace per niente».
Rete imprese rimane sopra le parti (anche se, nel complesso, i piccoli sono tradizionalmente più vicini al centrodestra).
Ma un problema di rapporto con la politica emerge chiaramente: le assemblee composte da nominati dai partiti non vanno bene. E quindi serve «una riforma della legge elettorale». Rete imprese non entra nello specifico e si limita a sottolineare l’esigenza di riportare«la scelta dei rappresentanti nelle mani dei cittadini». Una richiesta troppo politica, da cittadino che ha perso la fiducia? No. «È anche l’aspettativa di due milioni e seicentomila imprenditori ». Alla ricerca di una rappresentanza diretta anche in politica.
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