Fisco, stangata per chi supera i 70mila euro

Solo 1 miliardo per il pubblico impiego

Antonio Signorini

da Roma

Il governo Prodi abbassa l’asticella di quelli che il fisco tratta da super-ricchi. A quattro giorni dal varo della Finanziaria 2007 emergono particolari sulla probabile abolizione del secondo modulo della riforma fiscale varata dal governo Berlusconi. E si delinea una rivoluzione dell’ex Irpef, che investirà tutti i redditi.
Modifiche agli scaglioni. Per quelli più alti, come previsto, il governo sta preparando il conto più salato. Nel testo allo studio del ministero dell’Economia (il viceministro ds Vincenzo Visco ha la delega per tutte le questioni fiscali), la soglia di reddito oltre la quale dovrebbe essere applicata l’aliquota massima, confermata al 43 per cento, calerà dagli attuali 100mila a 70mila euro.
Tornano le detrazioni. Per il momento si tratta di una delle ipotesi in campo. Ce ne sono altre - assicurano dal ministero dell’Economia - che non colpiscono il secondo modulo della riforma fiscale di Giulio Tremonti. Ma l’intenzione di bersagliare i tagli delle tasse varati dal precedente governo emerge anche dai cambiamenti radicali che la stessa ipotesi prevede per la no tax area. L’esenzione dalle imposte dei redditi fino a 7000-7500 euro varata dal centrodestra è un sistema tutto basato sulle deduzioni dal reddito imponibile. Nelle intenzioni del governo di centrosinistra dovrebbe essere «smontato» per tornare a uno basato sulle detrazioni, cioè sconti applicati direttamente sulle imposte. Il precedente regime, secondo il governo, favoriva anche i redditi alti, mentre le detrazioni si possono modulare facendo guadagnare quelli più bassi e, in particolare le famiglie numerose, attraverso le detrazioni per i figli.
Cuneo per redditi dai lavoro. Le detrazioni, questa volta sui redditi da lavoro e da pensioni, dovrebbero anche essere lo strumento per assegnare i 3,5 miliardi di taglio del cuneo fiscale che il governo ha riservato ai lavoratori. Se dovesse passare questo piano, sarebbero quindi accontentati i sindacati che avevano chiesto di non destinare il taglio del cuneo genericamente all’ex Irpef perché si sarebbero favoriti anche i liberi professionisti. E che chiedevano di includere nei benefici anche i pensionati.
Un milione per gli statali. L’unico neo nei rapporti tra esecutivo e organizzazioni dei lavoratori rimane quello del pubblico impiego. Domenica il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa ha visto i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. E ieri pomeriggio ha incontrato anche Renata Polverini dell’Ugl. Al primo summit il ministro dell’Economia avrebbe confermato che per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, la finanziaria stanzierà un miliardo di euro. Il condizionale è d’obbligo perché da via XX settembre non sono arrivate conferme sulla cifra. Ma che i sindacati vogliano giocare anche questa partita fino in fondo e vincerla, emerge dai toni battaglieri utilizzati ieri dei leader confederali e di categoria.
Scioperi in vista. «Se il governo dovesse far mancare in finanziaria le poste per il contratto si aprirà un problema molto serio con i dipendenti pubblici», ha detto il segretario generale della Cisl Bonanni. «Se non ci saranno risposte alla lettera che mandammo a luglio al governo con le nostre richieste, la mobilitazione sarà necessaria», assicura Salvatore Bosco, leader della Funzione pubblica Uil.
Il miliardo destinato agli aumenti, fanno notare i sindacati, è poco superiore a quanto già stanziato dalla precedente finanziaria varata dal governo di centrodestra (intorno a 700mila euro). Secondo Fp Cgil, Cisl Fp e UilPa servirebbero 4 miliardi per il biennio. Ma dal governo, non arrivano segnali. «Nessuna nuova, cattiva nuova per quanto ci riguarda», lamenta Carlo Podda degli statali Cgil.
La scuola nel mirino. La contrarietà dei sindacati riguarda anche la moratoria sugli aumenti del pubblico impiego, che rimane tra le ipotesi in campo. E alla quale si aggiunge un probabile blocco degli aumenti automatici dello stipendio degli insegnanti. È l’ultimo automatismo rimasto nel pubblico impiego e il ministero dell’Economia sta cercando di eliminarlo.
Tutti argomenti sui quali i sindacati hanno chiesto lumi.

E che dovrebbero essere chiariti giovedì, quando il governo incontrerà le parti sociali. Una plenaria con sindacati e associazioni datoriali a un solo giorno dal varo della manovra, che - lamenta più di un sindacalista - difficilmente risolverà qualcosa.

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