«La riforma fiscale la voglio fare, ci penso da un anno e ho le idee assolutamente chiare. Ma non si può andare al bar e dire: da bere per tutti. Poi chi paga»?
La parabola del bar è una delle preferite di Giulio Tremonti, ed il ministro dell’Economia la ripropone dal palco della festa cislina di Levico Terme. È la risposta ai molti, a cominciare dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, che chiedono al governo (leggi allo stesso Tremonti) più «coraggio» sul fronte del fisco e della crescita economica. Lui, il criticato speciale, replica pacato: «Ho avuto l’imprudenza di usare la parola prudenza, si vede che è passata di moda. Tendere verso il pareggio di bilancio, col debito che abbiamo, è saggio; non è ragioneria». E aggiunge una battuta: «Sono tentato di dire: datemi ottanta miliardi e io vi faccio la riforma».
Il discorso potrebbe chiudersi qui, e invece Tremonti conferma che i lavori del cantiere sono quasi ultimati. Prima del 18 giugno saranno resi pubblici i risultati dei quattro tavoli di studio sulla riforma, «il lavoro più importante fatto sul fisco dal dopoguerra ad oggi». Nessuno si aspetti, tuttavia, proposte operative che, ricorda il ministro, «spettano alla politica». Ma Tremonti non si tira indietro nell’ipotizzare alcune delle linee guida della riforma. Ad esempio, ed è una novità, frena sul possibile aumento dell’Iva per finanziare la riduzione delle aliquote Irpef. L’incremento si può prendere in considerazione «ma - spiega - in questo momento è difficile perché potrebbe innescare un aumento dei prezzi».
Niente aumenti di Iva, dunque, sono all’orizzonte. Le risorse proverranno per lo più dall’«enorme serbatoio dell’evasione fiscale». I 35 miliardi già recuperati hanno consentito al governo di mettere in sicurezza il sistema pensionistico e dell’assistenza sanitaria. Ora si può pensare a un «dividendo da evasione fiscale per i lavoratori e i giovani». Per finanziare la riduzione dell’imposta sui redditi - si parla di un taglio delle due aliquote più basse - si annuncia un vigoroso disboscamento delle detrazioni, «dalle palestre per i figli alla finestre». Tremonti ricorda i 471 regimi fiscali di favore per un totale di 150 miliardi di euro. «Non si può avere tutto - osserva - si può fare un discorso sapendo però che non si può avere il cotto e il crudo: se si riducono le aliquote, non si detraggono un sacco di cose». Alla base della decisione sulle aliquote c’è «una scelta di libertà: l’uso dei soldi lo decide ciascuno per la sua famiglia, e non lo Stato».
Tremonti parla anche di tassazione delle rendite finanziarie e di coefficiente familiare. Sul fisco familiare si tiene sulle generali, ricordando che «i figli sono al primo posto». Sulle rendite apre con cautela: «Si può fare un ragionamento, ma non sono disposto a tassare il risparmio delle famiglie». Il ministro reputa indispensabile un contenimento dei costi della politica, non perché si possano recuperare grosse cifre, ma perché l’esempio deve venire dall’alto. L’obiettivo è far sì che in tutti gli incarichi pubblici non si prenda più della media europea. Non è semplice, anche perché è difficile «chiedere ai capponi di anticipare il Natale». Solo così, spiega, la politica è legittimata a chiedere sacrifici. Per finire, Tremonti si concede una battuta dichiarandosi a favore dei tagli non lineari di spesa: «Tutti i ministri sono favorevoli, purché si tratti dei ministeri altrui».
Sono «linee guida interessanti, e si capisce che il ministro vuol fare la riforma fiscale», commenta il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni. Ma le parole di Tremonti basteranno a chi, nel governo, vede il taglio delle tasse come risposta non più rinviabile alle richieste degli elettori? Dopo il 18 giugno, data della presentazione del lavoro dei cento esperti sul fisco, dovrà vedere la luce entro l’estate la legge delega di riforma.
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