Un anno atteso una vita. Non è un film ma potrebbe esserlo: il film di Giancarlo Fisichella, 34 anni, pilota veloce, anzi velocissimo; pilota posato, tranquillo, pilota paziente. Il romano con calma ha infatti atteso che arrivasse il suo momento: quello in cui avrebbe finalmente preso le redini del team campione del mondo, sarebbe salito sul palco, lasciando che i riflettori puntassero tutti solo su di lui. In quel momento avrebbe detto al pubblico: seguitemi, vi porterò il titolo mondiale. Il primo dopo Ascari, sono 54 anni che aspettate.
Tutto pareva filare liscio: l’auto campione del mondo, Alonso compagno ingombrante emigrato alla McLaren, l’arrivo di un giovane, Heikki Kovalainen, veloce ma al debutto. Invece, quasi in ossequio a una fantozziana italianità, la Renault iridata da missile si è improvvisamente trasformata in buona macchina ma nulla più. «È innegabile - ammette Fisichella -, non siamo messi come nella vigilia mondiale della passata stagione. A Melbourne, dove due anni fa ho vinto, potrò lottare per il podio, ma vincere dipenderà da molti altri fattori. In questo momento le Ferrari sono avanti; e anche le McLaren-Mercedes; e pure la Bmw sta meglio di noi. Ripeto: siamo da podio, siamo affidabili ma ancora poco veloci».
Quindi?
«Quindi si lavora più duramente che in passato: l’anno scorso eravamo partiti meglio nei test, la macchina era decisamente più performante; insomma: nelle prove eravamo sempre stati fra i primi tre o quattro. Stavolta no».
A Melbourne solo il podio, nulla di più?
«Tutto può accadere, diciamo che saremo della partita: le Ferrari però sono davvero lontane».
A proposito, come li vede i due galletti in groppa al Cavallino?
«Hanno entrambi una grande chance. Soprattutto, vedo molto bene Felipe Massa. Nei test è quasi sempre andato più forte di Raikkonen. Però, credetemi, non è facile salire dopo tanti anni su un’altra monoposto: serve sempre un po’ di tempo per prenderne le misure».
E di patron Briatore ha preso le misure? Ogni volta la motiva, la stimola a suon di battute del tipo «Fisichella campione del mondo? È più facile che io entri in politica...». Però, visti i risultati delle prove, forse ora tocca più a lei motivare il team.
«Questo fa parte del reciproco lavoro fra squadra e pilota. In fondo è giusto che tutti si spingano e spronino al massimo. Fermo restando che abbiamo voglia di ripeterci come lo scorso anno».
Però quanta pazienza con il capo.
«Non mi serve pazienza, lui fa battute, i giornali le usano, le interpretano a loro modo, e in alcuni casi Flavio deve poi smentirle. Lui l’ha già detto: in me vede un pilota vincente. Fra noi c’è intesa».
Sente sulle spalle il ruolo di uomo guida del team?
«Diciamo che sento la squadra molto concentrata su di me. Lo trovo anche normale. Mi sento un po’ il punto di riferimento. Anche se non avverto alcun privilegio».
Ne abbiamo visti pochi di piloti italiani in una posizione importante come la sua: forse Patrese, con la Williams, a inizio anni ’90. Che effetto fa?
«Ormai ci sono abituato: sono due anni che corro con questa squadra e abbiamo vinto un paio di mondiali. So perfettamente di avere una grande chance, ma voglio tenere i piedi per terra».
E che cosa risponde a chi dice: «Ecco, ora che Fisichella non ha più Alonso tra i piedi, gomme uguali per tutti e addio super macchina»?
«Niente: solo che ora dovremo essere bravi a interpretare al meglio queste regole».
La McLaren che va più forte del 2006 è merito di Alonso: c’è già il suo zampino?
«Fernando ha fatto dichiarazioni strane: non mi pare così contento. Però nel team c’è già del suo. Assieme ai ferraristi, sarà lui il più duro da battere».
La solita domanda: un pilota italiano campione del mondo lo si attende da Ascari, anno 1953. Lo sa che i tifosi potrebbero scoprire che non esiste solo la Rossa.
«Lo spero perché ce n’è bisogno in Italia e sarebbe anche giusto che i fan seguissero i piloti. Speriamo di riuscire a cambiare questa situazione, nonostante il mito Ferrari. Sarebbe il massimo dividere i tifosi e giocarmela fino all’ultima gara proprio contro una Ferrari».
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