Succede che si vive e si viaggia e si pensa, per vent'anni e più. E a un certo punto si riconoscono i fili rossi che tengono insieme tutti i percorsi. Succede che un filo è l'acqua e un altro è la parola. L'acqua che scorre in fiumi lontanissimi, come il Gange, e dietro la porta della casa natìa, come il Ticino. Succede che ad un tratto tutte le acque si ricongiungono e l'evento vale la pena di essere raccontato. Ticino, le voci del fiume (Excelsior 1881, pagg. 268, euro 24.50, verrà presentato l'11 settembre al Festivaletteratura di Mantova) è un libro che narra, con le parole di Giuseppe Cederna, e che mostra, con le fotografie di Carlo Cerchioli, l'acqua. «Water water water» sussurra una mattina in India, sotto l'ombra di un mango, lo yogi Sharma a Giuseppe - che si trova là per scrivere il suo primo libro (Il grande viaggio, Feltrinelli) - attore di cinema, tv e teatro ma soprattutto malato inguaribile di febbri da viaggio e di scrittura, inoculate da una famiglia di intellettuali, tra cui il padre Antonio, autore di testi fondanti sulla difesa del paesaggio come La distruzione della natura in Italia, e la zia giornalista e saggista Camilla. Qualche anno più tardi, è l'acqua stessa a parlare a Cederna: «Preparati perché io sono il fiume delle storie che si intrecciano. Il fiume della memoria. Fra poco vedrai il mio letto incrociare autostrade, gallerie, rotaie, ponti, lastre e scivoli di roccia liscia come la schiena di un bambino. Mille ombre ti sfioreranno e mille storie ti cammineranno accanto. Le ombre e le storie dei mercanti, dei monaci, dei pellegrini, degli ambasciatori, dei soldati di ventura, degli imperatori, degli artisti e dei poeti che da molti e molti anni sono passati e continuano a passare sul mio letto». La voce è quella del Ticino, a cui Cederna è stato condotto da Carlo Cerchioli, il fotografo conosciuto sul set del film «Mediterraneo» di Gabriele Salvatores e l'amico con cui ha compiuto questo viaggio lungo il «fiume azzurro», che sorge nella «testata umida» della Val Bedretto, in Svizzera, sulla strada maestra del Gottardo, tra il passo della Novena e il passo del Corno, dove, a 2338 metri, è ancora «uno spaghetto azzurro», vegliato dal primo dei molti personaggi indimenticabili che popolano le pagine di questo racconto: il signor Cech-che-sa-tutto, perché «lavora lassù, è il guardiano della capanna da ventisette anni, alto e grosso, un orso dalla faccia rossa e screpolata». Cech che custodisce, assieme alla bottiglia di grappa dal mordente che non perdona, il segreto del punto esatto in cui il fiume si manifesta al mondo.
«Non sapevo nulla del Ticino - ci confessa Cederna -. Sono valtellinese di genetica, nato a Roma, ho vissuto a Milano e in Toscana. Carlo mi ha chiesto di andare con lui: C'è un bellissimo fiume vicino a Milano mi ha detto. Perché una volta tanto non fai una cosa italiana, perché raccontare sempre di viaggi dall'altra parte del mondo?. Mi ha convinto. Per scrivere il libro sul Gange ci ho messo due anni. Carlo mi ha portato lungo il Ticino in tutte le stagioni, al freddo d'inverno e con le piogge d'autunno, un viaggio lento e pieno d'incontri, durato altri due anni. Non è una guida turistica, non è un raccontino. Certo per non confondere le idee al lettore ha un inizio e una fine. Ma a me interessavano le sorgenti e le confluenze. E le sorgenti sono venute, come l'inizio delle storie».
In questo libro l'acqua non è soltanto quell'elemento cui pensiamo di primo acchito, essenza liquida di vita, ma percorso interiore e cruciale, evento che dà senso alle sponde, che fa nascere storie, che forma persone. E alcune di queste persone, per chi le sa interrogare con ostinata semplicità, diventano maestri. Maestri che tutti possiamo incontrare magari in uno di questi giorni d'agosto offuscati di macaja, sulle sponde di un fiume che per noi milanesi e lombardi è tanto vicino quanto inesplorato e che proprio quest'anno è tanto carico di quell'acqua così feconda di scoperte e tradizioni: «Il cercatore d'oro Marco di Motta Visconti, ex ragazzino geniale, selvaggio, bravissimo, generosissimo» ci elenca Cederna. «E Norino del bioparco, ché parlando con lui, che fa il guardiaparco da più di vent'anni, io che sono uno scrittore e non un giornalista, avevo vergogna. E ho dovuto fare appello allo spirito di mio padre, ho sentito la sua voce che mi diceva: "Dài, taglia, taglia, sii concreto e ho capito che c'era un senso nel mio essere lì e scrivere di uno che difende con tutte le sue forze un mondo perché non vuole che scompaia e ama il suo lavoro davvero, non per un tornaconto».
Marco possiede il dono della «luccicanza» e il fiume gli parla: sarà il traghettatore di storie per Giuseppe e Carlo, il Caronte del Jet Craft Ticino, che ha imparato dal padre a portare il barcè, la barca a remi lunga tre metri e con un solo remo a poppa, come si usa a Motta Visconti, mentre a Pavia ne hanno due. Norino conosce tutte le piante, i fiori, i nomi delle alghe, censisce le anatre, gli aironi delle garzaie e i caprioli: è l'enciclopedia del fiume e del Parco naturale, il più anziano guardiaparco ancora in servizio, giacca stesso colore della Jeep e binocolo Zeiss a tracolla, «Tex Willer in persona». E poi c'è Lucio Da Col, il poeta, che parla in dialetto abbiatense e fu pescatore per amore del suo Tesin, la prima canna smontabile a tre pezzi comprata a Milano con «un bel sacrificio economico», negli anni in cui lo zio Attilio vendeva caldarroste all'angolo di piazza Cavour, al grido di battaglia «Caldi, va bej!».
Esperienze personali, fantasmi che parlano, tanta musica, da Tom Waits a Frank Zappa, tanti libri e filosofie, da Sant'Agostino a Thoreau, da Borges a Leopardi: le storie del Tesin confluiscono in quelle del mondo e viceversa, in un'osmosi che va da Airolo, nella pancia della Val Leventina, all'alto muro di Villa Castiglioni a Magenta, sede del Parco Ticino; dalla tenuta della Zelata, «quella dei Crespi, dove di nascosto da un buco nella rete puoi vedere gli aironi», alla brughiera di Lonate Pozzolo, una delle poche al mondo così in buono stato; dai quarantasette comuni del Parco con il suo mezzo milione di abitanti al sentiero delle cinque chiese, che parte da Morimondo e vede passare tutte le vecchie cascine, la Garibolda, la Cerina, la Fraschina, la Braghettona, la Marcatutto, ognuna con la sua storia, le sue risaie e gli ontaneti. «Per tre mesi non ho fatto altro che scrivere - racconta Cederna -. Dalla mattina alle otto alle sette di sera. Non riuscivo a fare altro che mettere sulla carta le storie di questo fiume vivo, vivissimo, ricco di ecosistemi.
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