Procede di gran passo la stagione teatrale capitolina, «animata» da teniture sempre più basse che, nella varietà dei generi e delle proposte, determinano un turn-over di titoli davvero sincopato. Solo in questa settimana sono ben tre ad esempio i debutti previsti nelle due sale del Teatro di Roma: allArgentina arriva un testo di Friedrich Dürrenmatt, Romolo il grande, nella messinscena che Roberto Guicciardini ha immaginato per Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini (da questa sera). «Commedia storica che non si attiene alla Storia», suona il sottotitolo di questo scorcio di romanità decadente nel quale lautore de I fisici racconta, con ironia, la figura dellultimo imperatore di Roma nel momento in cui limpero è ormai allo sfascio.
Sotto lo slogan «Nuovi talenti al teatro India» vanno poi accorpati i due spettacoli attesi nella seconda sede dello stabile. Si tratta di un Macbeth rielaborato da Elena Bucci e Marco Sgrosso. La tragedia shakespeariana si trasforma qui in un incubo avvolgente e cupo dove ruolo essenziale giocano le luci, il suono, i deliri degli attori, in un impianto noir sorprendentemente inventivo (Sala A da questa sera). Altrettanto giovane è il regista Francesco Brachetti, artefice della ripresa di un lavoro che ha alle spalle una bella storia di letteratura e affetto filiale. Stiamo parlando di Tre operai, romanzo di Carlo Bernari, rielaborato in forma drammaturgica dal figlio dello scrittore, Enrico Bernard, e allestito la prima volta nell85. Il testo torna sulle nostre scene (Sala B di India, da domani) con tutta la sua attualità. La vicenda ruota intorno a quattro personaggi e al loro problematico viaggio esistenziale.
Restando in tema di nuovi talenti e di scrittura contemporanea, spostiamoci al Piccolo Eliseo, spazio dove da domani Luca De Bei (autore e regista) riscrive un noto racconto di Flaubert, Un cuore semplice, modulandolo sulla gamma espressiva di una grande attrice quale Maria Paiato. A lei, alle sue corde vibranti ma mai enfatiche, spetta farsi carico della caparbia bontà di Félicité, paladina di unesistenza semplice e sfortunata spesa nella totale dedizione agli altri.
Ancora un piccolo capolavoro di genialità e sensibilità sul palcoscenico dellAmbra Jovinelli dove prosegue con Scemo di guerra (da questa sera) lantologica dedicata ad Ascanio Celestini, che in questa pièce mescola sapientemente storia, memoria personale e slancio immaginifico, confezionando un lavoro come al solito lieve e affascinante.
Per concludere segnaliamo le repliche, iniziate ieri alla Sala Uno, de Lultima parola è dei pavoni, testo sulla scrittrice americana Flannery OConnor che ha vinto il XXXI premio Flaiano per la drammaturgia under 35.
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