Il Fli si schiera con l’opposizione ma l’agguato al governo fallisce

Alla Camera, sul caso Cosentino, la maggioranza ottiene 308 voti contro 285. E senza i deputati assenti avrebbe raggiunto quota 320

Il Fli si schiera con l’opposizione ma l’agguato al governo fallisce

Roma - Al primo braccio di ferro con la maggioranza i finiani si slogano il polso. Innanzitutto perché sul voto relativo all’utilizzo delle intercettazioni nelle inchieste che riguardano l’ex sottosegretario Nicola Cosentino, hanno dato l’ordine di votare esattamente come Di Pietro. In secondo luogo perché il risultato, ottenuto a scrutinio segreto, ha dimostrato che la maggioranza tiene anche senza di loro. Almeno sul tema giustizia. Impossibile sapere se poi, tra le loro fila, ci sia stato qualche franco tiratore, nascosto proprio sotto la coperta del voto segreto.

Di fatto, a favore della posizione espressa dal relatore di maggioranza (paradossalmente proprio il finiano Antonino Lo Presti ndr), ossia contro l’uso delle intercettazioni, si sono espressi in 308. Per il via libera alle bobine su Cosentino, invece, si sono schierati in 285. La cifra, tuttavia, non va letta freddamente visto che, appena annunciato l’esito della conta, tra i banchi dei finiani si sono registrati musi lunghi mentre tra quelli di Lega e Pdl è scoppiato l’applauso. È vero che non s’è raggiunta la soglia di 316, ossia la maggioranza della Camera, ma contando deputati assenti o in missione tra pidiellini e leghisti, si sarebbe raggiunta tranquillamente quota 320.
Come mai, quindi, il risultato di 308 che tanto ha fatto sorridere i berlusconiani? Merito delle defezioni e dei franchi tiratori sparsi un po’ in tutti gli schieramenti. Almeno dodici i deputati che non hanno rispettato l’ordine di scuderia. Il totale dei deputati dell’opposizione, a cui ieri si sono aggiunti anche i finiani, avrebbe dovuto toccare la cifra dei 297 al netto dei presenti (201 del Pd, 31 dell’Udc, 24 dell’Idv, 7 dell’Api e 34 del Fli). Invece si sono fermati a 285. Dodici in meno: difficile sapere come si sia formata «quella sporca dozzina».

E poi gli assenti: 23 tra maggioranza e opposizione a cui vanno aggiunti i 13 in missione. Hanno fatto rumore le 8 defezioni dell’Udc, tra i quali i 4 siciliani centristi in rotta col loro leader Casini (Calogero Mannino, Saverio Romano, Giuseppe Ruvolo e Giuseppe Drago ndr).
Ma al di là dei numeri, il dato politico è che ieri la Camera sul tema giustizia s’è dimostrata essere, seppur inconfessabilmente, più berlusconiana del previsto. Tant’è vero che il ministro della Difesa Ignazio La Russa gongolava: «La maggioranza c’è e alla grande. Chi ha giocato volendo trasformare il voto in una vicenda politica ha sbagliato». Stessa soddisfazione da parte del senatore Gaetano Quagliariello: «Questo dimostra che il governo ha tutte le carte in regola per puntare a governare l’Italia per i prossimi tre anni affrontandone con vigore le patologie, non ultima la cattiva giustizia e il suo uso politico». Il vicepresidente dei deputati del Pdl Osvaldo Napoli, invece, preferiva sottolineare lo sfascio delle opposizioni perché «nel segreto dell’urna, e in presenza di un dichiarato voto negativo dei finiani, le opposizioni restano largamente minoranza ma, soprattutto, profondamente divise. Un autentico terremoto per loro». Tant’è vero che le opposizioni, finiani inclusi, per tutta la giornata si sono rimpallate l’accusa di covare al proprio interno masse di dissidenti: «Noi coesi, i franchi tiratori stanno da voi», si sono rinfacciati reciprocamente il finiano Bocchino e Ventura del Pd.

«Come ci si aspettava, in aula la maggioranza di governo si è dimostrata compatta e solida, superiore ai numeri che le erano accreditati», esultava il pidiellino Massimo Corsaro.

Anche se, ben più cauto, il ministro dell’Interno Roberto Maroni già pensava alle prossime battaglie parlamentari: «Il vero test è la settimana prossima con il voto palese, perché un governo si deve basare sul voto palese». Già, perché la maggioranza ieri ha vinto una battaglia ma la prossima è dietro l’angolo: mercoledì 29 il duello sarà su Berlusconi in persona e sui 5 punti per tirare avanti con la legislatura.

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