Il flop Mourinho ritorna Normal con i conti in rosso

L’Unicef Champions League (le idee di Mourinho sono sempre originali) ha deciso che il Barcellona sia la squadra più meritevole di andare in finale. E che Guardiola sia un allenatore degno di andarci per il modo come la conduce. In sintesi: ha onorato il gioco. Mentre l’avversario suo di panchina ha disonorato il blasone del Real Madrid. Quella partita di andata non potrà essere dimenticata nei secoli. A Madrid hanno testa e memoria molto più lunga del tifoso medio italiano. Oggi Josè Mourinho si guarderà allo specchio e per l’ennesima volta si ripeterà: por qué sono qui? Finora non si è capito. L’eliminazione dall’Unicef Champions League è la macchia più riconoscibile della sua stagione. Non è riuscito ad essere martire, come gli piace. Ieri ha fatto la figura di Cristiano Ronaldo: scomparso al momento della necessità. Dicono abbia visto la partita in albergo e, dicono, si sia collegato con gli spogliatoi in viva voce (viva il vice) durante l’intervallo. Comunque sia andata non ci ha preso.
È opinione diffusa che una squadra, i giocatori che vanno in campo, contino più dell’allenatore. Mou fatica ad accettare questa realtà e, per il vero, in qualcosa deve aver ragione se quando abbandona le squadre causa squalifiche (l’Inter l’anno passato, il Real all’andata della semfinale) vedi gente sperduta e meno reattiva. Ma questo va addebitato ai vizi, non alle virtù: senza di me il diluvio, vero? Ma allora che allenatore sei, se la tua squadra si perde così facilmente? Mou quest’anno non è riuscito ad essere Special, come pensa di essere. Qualche volta anche gli Special vanno in tilt. Impensabile ed impossibile, direbbero le inconsolabili vedove della sua avventura italiana. Datti una sveglia ed una regolata, gli hanno rinfacciato in Spagna dopo le sue mattane. Non è bastato. La stagione è ai titoli di coda, il quinto “clasico” andato in archivio. Francamente non se ne poteva più. Tiriamo le somme: quel poveretto dal cognome non appagante, Pellegrini, l’anno passato al Real ha conquistato più punti (96) di quanti ne farà lui in campionato(al massimo 92). Eppure è stato cacciato per lasciar posto alle prediche e a quel certo fascino dell’incivile. Il Real è stato nettamente rinforzato rispetto a quello di Pellegrini, ma i conti non tornano.
Mourinho racconterà di aver riportato la squadra a vincer la coppa di Spagna, però i confronti fra Real e Barcellona sono nettamente in passivo non solo per il tipo di gioco: una sconfitta e un pari in Champions, una sconfitta (con tanto di manita) e un pari in campionato, successo nella sfida unica. La storia di Champions brucia. Mou è finito malamente come l’Inter: lui ha sbagliato tutto all’andata rovinando la reputazione sua e della squadra, l’altra si è autoflagellata a San Siro contro lo Schalke. Quasi i loro destini siano indissolubilmente uniti: come in Champions, dove ci prendono poco. Mou ha vinto con il Porto (impresa straordinaria al netto da come ci è arrivato), ma è stato eliminato due volte in semifinale e due agli ottavi.


Senza di lui il Chelsea è arrivato alla finale. Eppure Mou definisce fallito chi perde una finale di Champions (leggi le parole riservate ad Avraham Grant, al Chelsea).
Già, e allora Mourinho come avrebbe definito un pollo che ha perso la semifinale?

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