Fo: «Ho già raggiunto Ferrante Il 43% sta con me, il 45 con lui»

Se l’ex prefetto sarà sconfitto alle primarie i Ds potrebbero riproporre il nome di Penati

Gianandrea Zagato

Chiedere a Bruno Ferrante di dare un segno di vita, be’ è impresa impossibile. L’ex prefetto per conquistare Palazzo Marino s’affida infatti al silenzio. Strategia di chi non vuole sprecare troppe energie per le primarie - a parole considerate «momento di grande democrazia» - anche perché non ha un programma da vendere agli elettori: infatti, Ferrante, non è riuscito a mettere d’accordo l’Unione. Valutazione comune non solo ai cronisti ma anche agli altri candidati alle primarie del centrosinistra.
Nessuna sorpresa, quindi, sulla possibilità che Ferrante faccia le valigie se dalle primarie uscisse malconcio. Ma, attenzione, in questo caso non ci sarebbe spazio per l’altro competitor, Dario Fo, bensì per Filippo Penati che, in questi giorni, sembra il più intraprendente protagonista della campagna elettorale. Contro Ferrante, naturalmente.
Andiamo però con ordine: partiamo dalle polemiche di Fo contro l’ex prefetto. «Attacco Ferrante perché sia libero, si sciolga e ci dica quali sono le sue proposte» sbotta il Nobel. «Altrimenti» aggiunge «se perdo cosa dico a quelli che mi hanno votato? Come faccio a convincerli a sostenere Ferrante? Devo chiedere loro di fidarsi sulla parola?». Domandine di chi è stufo di «giocare a scopa con il morto» anche se il risultato finale non è certo a favore del «morto»: «Le ultime proiezioni parlano chiaro: Ferrante è a quota 45 per cento e io, Fo, sono al 43 per cento». Sì, due punti percentuali di stacco tra il candidato ufficiale della Quercia e della Margherita e il candidato «dell’alternativa» ovvero un pugno di voti. Evidente il rischio per Ferrante di non riuscire a centrare il bersaglio anche se il suo competitor l’invita a «informare gli altri candidati dei progetti».
Ferrante a meno di venti giorni dal voto continua però a evitare confronti come se «sia stato già deciso chi vince» chiosa Basilio Rizzo. Lettura dei fatti condivisa dal segretario provinciale di Rifondazione, Augusto Rocchi, che pone quindi un problema: «Vorrei sentire dire da tutti ma proprio tutti i dirigenti dell’Unione che chi vince le primarie sarà sostenuto da tutta l’Unione. A me l’hanno chiesto di dichiararlo, anche a Basilio Rizzo solo che entrambi non abbiamo sentito su questo il segretario dell’Udeur, della Margherita e dei Ds. E siccome Fo può vincere, vorrei saperlo prima». Richiesta esaudita, se si può dire: «Appoggeremo chiunque vinca le primarie» fa sapere Pierfrancesco Majorino, segretario cittadino dei Ds ma «Ferrante è per noi il candidato che meglio può rappresentare una nuova fase per il governo della città e che meglio può unire la coalizione di centrosinistra». Messaggio chiaro: Ferrante è il candidato da votare mentre Fo è un disturbatore, quasi un intruso senza arte né parte sostenuto da un partito, Rifondazione, che non è, diciamo, organico all’Unione. Visione che incattivisce ulteriormente Fo e i suoi supporter: «Dire che solo con Ferrante si batte il centrodestra è una falsità, non si può dire che ci vuole un moderato» commenta Rifondazione.
Peccato che quel richiamo diessino alla mozione degli affetti, alla blindatura delle primarie non sia d’aiuto a Ferrante: al contrario rischia d’indebolirlo ulteriormente davanti a quel popolo della sinistra che già lo considera come fosse un corpo estraneo. E nell’ex prefetto monta la voglia di mollare se le primarie confermassero il sondaggio, quel misero 45 per cento: in quel caso sarebbe pronta una letterina di commiato dall’Unione e un futuro da pensionato dello Stato. Voce non priva di fondamento e che trova comprensione anche rileggendo le mosse sin qui fatte da Filippo Penati. Il presidente della Provincia non vedrebbe l’ora di scendere in campo, ventre a terra, nella veste di salvatore del centrosinistra. Penati giocherebbe la carta del candidato d’emergenza considerando che Fo, vincitore delle primarie, sarebbe un indesiderato.

Spiega del perché Penati dopo l’incontro con il candidato del centrodestra abbia dunque rimarcato «la discontinuità di Letizia Moratti rispetto alla giunta uscente, quella di Gabriele Albertini». Uscita dell’uomo forte del centrosinistra meneghino che non si spende per il suo candidato alle primarie.

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