La mostra «partigiana» sulle foibe in Zona 3 ha scatenato un putiferio. L’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ha deciso di non partecipare all’iniziativa, organizzata dal Consiglio e dall’Anpi, giudicandola revisionista. Agli esuli è risultata inaccettabile, quella ricostruzione faziosa dei massacri che si consumarono nell’immediato secondo dopoguerra, quando migliaia di italiani furono massacrati, per ragioni politiche o etniche, dalle milizie dei comunisti agli ordini del maresciallo Tito. Un massacro su basi etniche e politiche che da alcuni anni proprio il 10 febbraio si commemora.
Gli eccidi, questa la contestazione condivisa anche da alcuni consiglieri di zona, vengono presentati come una reazione al fascismo: una tesi contenuta per esempio nell’ultimo pannello dell’allestimento, dove si legge: «Il rancore e l’odio accumulati da sloveni e croati per la criminale oppressione fascista spiega solo in parte l'asprezza dei comportamenti degli jugoslavi nei confronti della popolazione italiana». «L’asprezza». E ancora, per il Pdl, nel pannello 9 si legge: «Zara, abbandonata da larga parte della popolazione in seguito ai bombardamenti anglo-americani...». Insomma, non si cita il maresciallo Tito, non si parla di pulizia etnica, né dei comunisti. Sembra addirittura che la colpa degli eccidi sia da ricollegarsi agli alleati.
Un’impostazione revisionista, per ragioni politiche, che non è andata giù ovviamente al vicepresidente dell’Associazione, Guido Brazzoduro: «Il fascismo ha le sue colpe - ha spiegato - ma esaltare questa cosa nel Giorno del ricordo vuol dire dar adito ai negazionismi». Per questo l’Associazione ha deciso di disertare l’iniziativa, dopo essersi vista rigettare la proposta di allestire una mostra parallela, con convegno finale in cui discutere le diverse tesi. Ma, come detto, la questione ha sollevato reazioni forti nel anche Pdl: «Dopo anni di vergognosi silenzi da parte della sinistra - ha detto il consigliere Federico Santoro - ora che il Ricordo è diventato legge si è passati oggi ad un uso politico e partigiano della storia. Che vergogna».
Ma anche i parlamentari azzurri si sono interessati al caso: «Trovo scandaloso - ha detto per esempio Paola Frassinetti - che l’Anpi si arroghi il diritto di trattare il tema delle Foibe con il chiaro intento di minimizzare l’evento attraverso ricostruzioni che non corrispondono alle oggettività storiche, così offendendo i martiri italiani». «Per scongiurare questo pericolo - aggiunge Frassinetti - avevo fatto approvare una mozione in commissione Cultura dove si garantiva che a parlare di quelle tragiche vicende fossero i testimoni o le associazioni da loro indicate. Solo in questo modo – conclude la deputata – si preserva la memoria e l’oggettività della storia tragica dei confini orientali».
Anche l’ex vicesindaco (e attuale vicepresidente del Consiglio comunale) Riccardo De Corato, ha annunciato un’interrogazione a Palazzo Marino sul caso: «Visto che la data del 10 febbraio è la data stabilita per legge per ricordare le migliaia di italiani massacrati sul Carso dalle bande comuniste titine - ha annunciato - intendo chiedere il parere del sindaco sulla mostra cura del Consiglio di Zona 3 che ha visto l’esclusione dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ed è stata affidata invece all’Anpi, che non avrebbe alcun titolo in materia».
«Probabilmente il consigliere De Corato è stato male informato - ha replicato il presidente di Zona Renato Sacristani - non è il caso però di fare contraddittori su queste disinformazioni, perché quello che conta è ciò che è stato scritto negli atti ufficiali. Per questo come si può leggere nella delibera, il Consiglio di Zona 3 ha accettato di organizzare in un unico evento la mostra tra l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia congiuntamente a quella dell’Anpi».
Ma Brazzoduro, che pure intende chiudere le polemiche, conferma che la sua Associazione, che è accreditata al Quirinale e presso i ministeri degli Esteri e dell’Istruzione non intende partecipare a un’iniziativa concepita in quel modo: «Quell’impostazione non aveva attinenza con lo spirito e i contenuti del Giorno del ricordo - ha ribadito - anzi rischiava di disattendere i valori che con esso si vogliono affermare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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