La manifestazione di sabato al Circo Massimo produrrà i tipici effetti che dà l’assunzione di una droga. Sul momento Walter Veltroni si tirerà su ma tra qualche giorno si sentirà ancora peggio di prima. Per mesi ha pensato solo a come organizzare questa manifestazione e grazie a quel che resta di una delle più potenti macchine politiche della storia italiana – quella dell’ex Pci con tutti i suoi sindacalisti, cooperatori, sindaci, funzionari in servizio effettivo o in pensione – ha raccolto un certo risultato. Ma per questo scopo non si è impegnato a dirimere i nodi che la situazione gli presenta: seguire la Cgil nella sua deriva massimalista o aprire a Cisl, Uil e Confindustria, tagliare la spesa pubblica per permettere le pur auspicate detassazioni o sostenere qualsiasi lotta corporativa in corso, cercare una soluzione per le lacerazioni della politica e della società italiane o flirtare con il giustizialismo dipietresco.
Eugenio Scalfari ha sintetizzato e lodato, con un’involontaria ironia, la schizofrenia veltroniana: esprimere insieme rabbia e ragionevolezza. Le posizioni di Veltroni su tutti i temi si alternano senza tregua e disorientano un gruppo dirigente che ormai la cosa più appassionante di cui discute è come e quando sostituire il segretario nazionale. La droga del bagno di folla ritarderà di qualche giorno le prime rese dei conti, che però si stanno accumulando regione per regione, comune per comune dovunque si approssima un appuntamento elettorale, e anche in modo analogo dovunque esista un nodo sindacale. Veltroni si giustifica dicendo: anche Silvio Berlusconi fece manifestazioni contro il governo, Sergio Cofferati andò al Circo Massimo. Ma il leader del centrodestra sapeva che cosa voleva (buttare giù il governo Prodi), conosceva i rapporti di forza e aveva un’idea di come raggiungere l’obiettivo. La lotta di Cofferati, anche se massimalista, era mirata su mete precise, contrastava su punti netti la politica del centrodestra sul lavoro.
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