Politica

Follini c’è solo sui dépliant Ma nessuno se ne accorge

nostro inviato a Fiuggi

Non si è presentato alla festa della Vela, in polemica con la linea di quello che resta a tutti gli effetti il suo partito. Ma dell’assenza di Marco Follini, qui a Fiuggi, pochi sembrano accorgersene. Di colui che fino allo scorso anno rappresentava il front-man dell’Udc, il segretario, l’ex vicepremier di una breve stagione di governo, l’amico storico e fidato di Pier Ferdinando Casini oltre che l’alter ego politico del leader, non c’è né memoria né traccia, parola, dichiarazione o citazione che lo riguardi. L’unico segno della sua appartenenza (passata o presente che sia) al partito va ricercata nella brochure in distribuzione tra gli stand, nel lungo elenco di parlamentari annunciati tra i presenti alla festa. Ma si tratta semplicemente di un automatismo visto che per consuetudine su quel foglio viene riportata l’intera pattuglia parlamentare centrista.
Tentativi per realizzare il colpo di teatro e riportare il «figliol prodigo» alla Festa ci sono stati. Martedì scorso il segretario Lorenzo Cesa gli ha parlato a lungo per convincerlo a presenziare l’appuntamento di Fiuggi. Mercoledì l’ex portavoce e consigliere di Follini, Paolo Messa, si è visto con Pier Ferdinando Casini allo stesso scopo. Ma la ricucitura parziale, la «tregua» perseguita da alcuni, non si è realizzata. E Follini, semplicemente, continua ad andare per la sua strada e a lavorare alla costruzione della sua nuova creatura, «l’Italia di mezzo», che vedrà la luce a metà ottobre. Una mini-scissione che qui preoccupa davvero poco. Certo la ferita c’è e fa male. Ma viene esorcizzata con la convinzione che l’appeal del «ribelle» non sottrarrà voti né parlamentari al partito, visto che - tanto per fare un esempio - perfino Bruno Tabacci, suo ex collega di tante battaglie antiberlusconiane, non sembra affatto disposto a seguirlo nella nuova avventura. Qualcuno, mettendo da parte la prudenza che suscita un argomento considerato scomodo, si spinge fino a sussurrare che l’ex segretario rischia di essersi infilato in un vicolo cieco, in un tunnel umorale da cui potrebbe non riuscire più ad uscire. «Ma dove va e per rappresentare cosa? Qualcuno l’ha capito? Il donchisciottismo in politica non paga» ragiona un parlamentare centrista. «Follini in questo momento si mette sulla piazza. Così muore, diventa una celebrazione del vorrei ma non posso». Considerazioni amare o stizzite a parte, resta il fatto che nessuno ha rivolto un pensiero «ufficiale» al grande assente, un qualsiasi «ci avrebbe fatto piacere che Marco fosse stato qui con noi» pronunciato magari distrattamente dal palco. Lo stesso tentativo di ricucitura perseguito da Casini è «figlio della sua indole», spiega qualcuno. «Ma Casini sa bene che se lo rivuole deve imporgli di accettare le nostre regole». Un altro che vorrebbe tentare la ricostruzione di un rapporto ormai scoppiato è Michele Vietti. Ma anche nel suo caso il tentativo nasce più dal rapporto umano che da considerazioni politiche. Chi, invece, mostra di essere decisamente interessato a Follini è Gianfranco Rotondi. Il segretario della Dc gli ha detto chiaro e tondo che per lui le porte sono apertissime. Certo l’alchimia che vedrebbe riuniti sotto lo stesso tetto il più berlusconiano e il più antiberlusconiano della vecchia Udc appare un po’ azzardata. Ma non si sa mai.

La galassia ex democristiana, a volte, riesce ancora a riservare sorprese.

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