Follini si vuole mettere di mezzo

L’ex Udc sarebbe disponibile, incertezza su Pallaro Montalcini costretta a rientrare in anticipo da Dubai

da Roma

«Allacciamoci le cinture di sicurezza», sospira alle nove di sera il ds Nicola Latorre, dalemiano doc e vicecapogruppo dell’Ulivo al Senato.
A quell’ora, il voto essenziale del senatore Pallaro (l’ondivago argentino per il quale è stato appositamente ficcato un paragrafo sugli italiani all’estero nei 12 punti prodiani) aveva ricominciato a ballare pericolosamente. Sibillino, Pallaro ha prima confidato di aver prenotato il ritorno dalle pampas, dove attualmente si trova, bersagliato da telefonate bipartisan, per il 12 marzo. Poi ha fatto sapere tramite agenzie che il suo voto per Prodi è tutt’altro che sicuro, e che resta favorevole a un governo di larghe intese. E senza Pallaro («Quel grandissimo imbroglione», sbottavano a sera dallo stato maggiore dell’Ulivo) non ci sono più i 158 voti di maggioranza, tolti i senatori a vita, «e chissà a quel punto se Follini regge», si chiedeva Latorre.
L’ottimismo della notte di giovedì, quando il Professore era convinto di avere in tasca i due senatori siciliani dell’Mpa di Lombardo, ieri mattina era svanito. I conti non tornavano, «siamo alla canna del gas», scuoteva la testa Fabris dell’Udeur. Poi, per il rotto della cuffia, a fine giornata l’Unione pareva convinta di avercela più o meno fatta a racimolare i 162 voti necessari per ridare la fiducia a Romano Prodi, e riavviare un governo «che potrebbe durare fino al giugno del 2008, per ritoccare la legge elettorale e poi andare alle elezioni», secondo la previsione di un dirigente dell’Unione. A 162 si arriva però contando anche i quattro senatori a vita «certi» per il centrosinistra: Scalfaro (che ha promesso di guarire dall’influenza in tempo), Ciampi, Colombo e Rita Levi Montalcini. La quale però ha mandato nel panico la presidente del gruppo dell’Ulivo, Anna Finocchiaro, spiegando che martedì parte per un convegno scientifico a Dubai, e che non sarebbe rientrata prima di giovedì. L’hanno pregata in ginocchio di tornare prima, e alla fine l’hanno convinta a prenotarsi un volo per mercoledì. Perché quel giorno - se tutto fila liscio e oggi Prodi ottiene da Napolitano il rinvio alle Camere - dovrebbe svolgersi il fatidico voto di fiducia a Palazzo Madama.
Dai ds si è levata qualche voce autorevole che discordava dalla linea realistica («non ci può essere maggioranza assoluta al Senato senza i senatori a vita») dell’Unione. Violante ha invocato la necessità di «una maggioranza politica che prescinda dai senatori a vita». E Ranieri, assai vicino al capo dello Stato, ha escluso «operazioni trasformistiche» per raggiungere la maggioranza. Ma a Napolitano i capi dell’Unione hanno potuto garantire solo 157 voti di centrosinistra, che comprendono l’incerto Pallaro e i due «dissidenti» di sinistra Rossi (che le ha buscate da un dirigente del Pdci per aver contribuito a far inciampare Prodi) e Turigliatto, che però dal Prc danno ancora pencolante. Più Follini.

Napolitano ha chiesto garanzie di autosufficienza anche sul voto per l’Afghanistan, sapendo che Rossi, Turigliatto e il verde Bulgarelli non voteranno. «Bulgarelli rientra - gli è stato assicurato - e i due dell’Mpa, Saro e Pistorio, ci hanno promesso che usciranno dall’aula per abbassare il quorum».

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