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La Fondazione Garrone: cultura con la C maiuscola

La Fondazione Garrone: cultura con la C maiuscola

(...) della Fondazione Edoardo Garrone, un vero e proprio laboratorio di mecenatismo genovese di cui - a dire il vero - a Genova si parla e si scrive pochissimo (il Giornale, come al solito, fa eccezione). Forse perchè presi in contropiede dal concetto di mecenatismo, non propriamente genovese, si è un po’ avari nel rendere merito agli artefici di questo miracolo di casa nostra.
Cerchiamo di rimediare. Anche perchè il 2010 della Fondazione Garrone si preannuncia particolarmente ricco, anche e soprattutto grazie all’ingresso come segretario generale di Paolo Corradi, dopo una vita all’Associazione Industriali di Genova, prima che della Confindustria genovese si perdessero le tracce.
Corradi e Duccio Garrone - che nella Fondazione crede moltissimo e che ha coinvolto a pieno titolo le famiglie Garrone e Mondini nel progetto - stanno preparando il salto di qualità. E da (importantissimo, certo; benemerito, certo; interessante, certo) esempio di mecenatismo a sfondo familiare, la Fondazione Edoardo Garrone, sta diventando qualcos’altro. Un vero e proprio contropotere cittadino. Una specie di pronto soccorso per quello che non fanno le istituzioni.
E qui arriva il ruolo di Corradi. Che si può leggere a partire dalla triangolazione con le altre due grandi Fondazioni private del Nord-Ovest: la Fondazione Giovanni Agnelli, nel cui consiglio di amministrazione siedono tutti gli Agnelli e parenti con tutti i cognomi necessari e persino Sergio Marchionne e la Fondazione Pirelli con Marco Tronchetti Provera, Carlo Puri Negri, Cecilia Pirelli e tutto il gotha di famiglia...
Come dire? Considerando ad esempio che Luca di Montezemolo già fa parte del comitato d’onore della Fondazione Garrone, già leggendo gli organigrammi della nuova alleanza fra le Fondazioni, si intravede il ruolo del tandem Corradi-Garrone. Da un lato, il nome del patron della Erg che è una garanzia, con la sua storia e la sua credibilità industriale e imprenditoriale; dall’altro, la capacità di tessere alleanze e rapporti dell’ex direttore generale di Confindustria.
Insomma, andiamo al di là di iniziative magari interessanti, ma certamente un po’ troppo per iniziati e comunque senza un progetto unificante come le letture sulla Costituzione che hanno caratterizzato le scorse annate. Certo, tornerà il progetto per i giovani curatori di mostre; certo si cercherà di istituire, come fa la Fondazione Garrone a Siracusa, nell’altra provincia che è al centro delle sue attenzioni, una cattedra di alti studi in economia del turismo culturale; certo, si investirà nel futuro della cultura, ad esempio istituendo borse di studio in settori particolarmente importanti; certo, si continuerà nell’intervento, importantissimo, nel sociale e in particolare nella tutela dei minori: da un lato con Mus-e per l’integrazione dei bimbi a scuola attraverso percorsi artistici; dall’altro con MedChild, la fondazione istituto mediterraneo per l’infanzia.
Ma si volerà anche alto. Ancora più alto, intendo. Siamo in grado di anticipare le linee guida di quello che sarà il 2010 della Fondazione Garrone. A partire da lunedì sera, quando riprenderanno gli incontri sulla storia di Genova, con la lezione dedicata alla «Congiura Fieschi», per arrivare all’annuncio di un secondo ciclo. Terminate le prime nove lezioni - iniziate con la prima crociata del 1097 e che arriveranno all’analisi dell’interventismo nel 1915 - il secondo gruppo di lezioni di storia organizzate in collaborazione con l’editore Laterza e la Fondazione per la Cultura di Palazzo Ducale andrà dal risorgimento ai giorni nostri. Ma avrà una peculiarità che, a mio parere, farà fare il salto di qualità decisivo, andando oltre cicli analoghi organizzati in altre città: la particolare attenzione alla storia industriale genovese.
E proprio qui sta il punto. Me lo diceva l’altro giorno al telefono un nostro carissimo lettore, facendoci gli auguri per i trentacinque anni di Giornale di Genova e della Liguria: «Questa città ha iniziato la sua decadenza quando, Erg a parte, ha iniziato ad essere abbandonata dall’industria petrolifera. Occorrerebbe raccontare la storia industriale di Genova».
Detto, fatto. La seconda parte delle lezioni di storia racconterà proprio di questo. Del piacere di fare industria. Del profumo delle catene di montaggio. Delle opportunità (e degli errori) dei privati e delle partecipazioni statali. Soprattutto, racconterà il modello di fabbrica fordista che, se da un lato è superato, dall’altro ha lasciato un’eredità da non sottovalutare, persino dal punto di vista architettonico, oltre che sociale.
E proprio l’importanza dell’industria - quasi una seconda pelle per Corradi che, evidentemente, se la porta dentro nel Dna - entra addirittura dove uno non se lo aspetterebbe: nei «lunedì FEG», le «conversazioni sui libri della vita» organizzati dalla Fondazione con il teatro dell’Archivolto. Quest’anno, a raccontare e a raccontarsi saranno Serena Dandini, Neri Marcorè, il fondatore di Slow Food Carlin Petrini e Gad Lerner (e, fin qui, sono nomi certo interessanti, ma altrettanto certamente prevedibili, forse troppo), ma ci sarà anche Franco Battiato e, soprattutto, Giovanni Rana. Sì, proprio lui, l’uomo dei tortellini e della sfoglia sottile che avrà il compito di aprire la strada alla seconda generazione di coloro che raccontano le proprie passioni.
Non più e non solo gli amici della conduttrice Giovanna Zucconi, alcuni assolutamente appassionanti e belli da ascoltare, altri che danno l’impressione di essere presi direttamente dal salottino buono di casa sua, dove si erano recati per sorseggiare un tè e commentare i fatti del giorno, magari con gli amici con cui fanno i castelli di sabbia d’estate sulla spiaggia.
Invece, con Rana ci sarà la svolta. Non più solo giornalisti, scrittori e gente del mondo dello spettacolo, ma anche imprenditori con un brand talmente forte da diventare personaggi essi stessi. Per capirci (ma non è la lista degli invitati) dopo Rana, potrebbe toccare a Benetton o a un imprenditore che ha fuso il suo cognome con il suo prodotto. Insomma, ne potrebbero uscire tre o quattro «lunedì Feg» in più, con un quinto - pirotecnico - che potrebbe riguardare il mondo dello sport, con un atleta di primissimo piano che racconta e si racconta anche lui a partire dai libri della sua vita.
Si può parlare di una piccola rivoluzione copernicana per la Fondazione Garrone. Che cambia e cresce. Senza peraltro dimenticare le eredità più positive dei primi anni di rodaggio.

Ad esempio, i «lunedì Feg», anche nella nuova versione extralarge, sono l’esempio migliore di collaborazione con il teatro dell’Archivolto, una struttura che meriterebbe una medaglia al valore solo per il significato di fare teatro di altissimo livello in una realtà come Sampierdarena, che altrimenti rischierebbe di finire sui giornali solo per fatti di cronaca nera. Non bastasse, lo fa riempiendo le sale e dando spazio anche a culture diverse dalla sua. Insomma, davvero Cultura con la ci maiuscola.
Onore a loro. E onore a chi li aiuta, come la Fondazione Garrone.

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