I fondi italiani perdono meno di quelli esteri, ma questo risultato viene, paradossalmente, dalla loro incapacità dinvestire. Il giudizio è pesante e lo si evince dallindagine, la diciottesima, su fondi comuni italiani e sicav elaborata dallUfficio studi di Mediobanca. Il «rosso» 2008 dei fondi nazionali è stato di 24,1 miliardi di euro, una bazzeccola rispetto ala perdita di 1.200 miliardi di euro in Europa e di 3mila miliardi di dollari negli Stati Uniti. Ma cè un perché: solo il 12% del patrimonio è investito in azioni, contro la media del 30% dei fondi europei e del 40% dei fondi americani. In Italia i due terzi del totale è investito in titoli di Stato: questo significa valori più stabili, rendimenti più bassi, e indica anche una certa incapacità dei gestori di interpretare la «prudenza» delle scelte richieste dalla clientela. Un gestore prudente non dovrebbe affidarsi passivamente ai titoli di Stato, sapendo di restituire al risparmiatore meno del rendimento che questi percepirebbe comprando (facilmente) il titolo da solo.
I costi di gestione sono comunque elevati, il doppio di quelli statunitensi, e questo aspetto negativo è influenzato dalla matrice bancaria della quasi totalità dei fondi italiani (Mediobanca ne ha «indagati» 1079, che corrispondono al 90% del sistema): poichè i fondi appartengono agli istituti che poi li vendono agli sportelli, è inevitabile che questi tendano a spingere presso la clientela i prodotti che rendono di più al gruppo, anzichè quelli più convenienti per i risparmiatori.
Lindagine di Mediobanca riguarda il 2008, anno di grave crisi finanziaria nel corso del quale i fondi di tutto il mondo hanno subìto cospicui ridimensionamenti. Il «rosso» dei fondi italiani, come detto, è stato pari a 24,1 miliardi di euro che, sommati al volume dei riscatti, ha determinato una flessione record del patrimonio pari a 91 miliardi di euro. Per i fondi italiani si tratta di una conferma della dinamica fortemente regressiva in atto sin dal 2000: nel complesso, il patrimonio a fine 2008 risulta quasi dimezzato rispetto alla consistenza che aveva nel 1999. Nello stesso periodo il ridimensionamento dei fondi azionari è stato pari all85%. Lindustria italiana dei fondi è scivolata in decima posizione nel contesto internazionale (era quarta ancora nel 2004) e lincidenza dei patrimoni gestiti sul Pil è ora al 13,6% contro il 41,9% nel 1999.
I costi di gestione sono rimasti costanti in termini relativi (1,2% del patrimonio per la media di tutti i fondi), mantenendo sempre un livello elevato, allincirca doppio rispetto a quello prevalente nei fondi americani. Sempre alto il tasso di rotazione che nel 2008 è ancora aumentato (da 1,5 a 1,8 volte) raggiungendo per le azioni il massimo degli ultimi 8 anni (in tale comparto, il patrimonio è stato ruotato ogni 5 mesi; la media dei fondi americani è poco inferiore ai 2 anni).
I rendimenti in unottica di lungo periodo - osserva Mediobanca - restano insoddisfacenti se raffrontati con il tasso «risk free»: nellultimo decennio il rendimento medio annuo dei Bot a 12 mesi ha superato quello dei fondi di 2,5 punti. Nei fondi aperti, la distruzione di valore negli ultimi sette anni è stata pari a oltre 75 miliardi di euro.
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