Fonsai, Mediobanca non molla. Arpe pure

Piazzetta Cuccia e Unicredit confermano l’operazione con Unipol. Meneguzzo (Palladio) in Consob. Titoli ancora in rialzo a Piazza Affari

Fonsai, Mediobanca non molla. Arpe pure

Il day after della «discesa in campo» di Sator e Palladio nella partita Fonsai è stato meno turbolento del previsto. Ma non per questo meno foriero di sorprese.
A partire dalla convocazione presso gli uffici della Consob del numero uno del fondo di investimento del Nord-Est, Roberto Meneguzzo. Un giro di orizzonte che l’Authority guidata da Giuseppe Vegas ha avviato per comprendere quali siano le cause all’origine della performance borsistica del titolo della compagnia assicurativa e della controllata Milano. Più in generale, Consob intende comprendere anche quali siano i progetti degli attori in campo e, per questo motivo, ascolterà anche Sator, Unipol e la stessa Fonsai. Che ieri ha strappato un altro 5,5% chiudendo a 1,74 euro. In due giorni è passato di mano oltre il 12% del capitale. La sorpresa è stata la «piccola» Milano che ha guadagnato il 10,7% a 0,288 euro.
Il «day after» è stato anche quello di Mediobanca e Unicredit che hanno ideato una «soluzione di sistema» per far uscire dall’impasse la compagnia dei Ligresti. In particolare, Piazzetta Cuccia non ha gradito l’appalesarsi di due ospiti non invitati, dopo che per mesi ha studiato un’architettura che tratteggiasse un futuro per Fonsai. Ovvero ha trovato un partner industriale come Unipol e ha studiato una fusione a quattro inserendo anche Premafin e Milano.
Certo, Mediobanca è creditrice di entrambi i soggetti (1,05 miliardi da un bond subordinato Fonsai in bonis e 400 milioni dalla compagnia delle coop). E Unicredit è esposta soprattutto verso Premafin (circa 300 milioni) ed è azionista di Fonsai col 6,9 per cento. Ma nessuna delle due avrebbe da perdere economicamente se il progetto non andasse in porto. È una questione di puntiglio. Come ha spiegato l’ad di Piazza Cordusio, Federico Ghizzoni, «Unipol non ha cambiato i suoi piani, quindi il progetto va avanti, noi di certo non cambiamo la nostra prospettiva», ma «se ci sono soluzioni alternative le valuteremo».
E l’alternativa in questo momento ha un nome, anzi due: la Palladio (già azionista di Generali) del duo Roberto Meneguzzo-Giorgio Drago e, soprattutto, la Sator di Matteo Arpe. La prima con il 5% e la seconda con il 3% hanno sottoscritto un «patto di consultazione» in modo da poter raggiungere il 10% che è la soglia massima consentita a un investitore industriale in un gruppo assicurativo. Un’alternativa fatta di focus su Fonsai e non su Premafin. Quindi la ricapitalizzazione di 1,1 miliardi prevista dal «piano- Mediobanca» potrebbe non essere necessaria in toto, magari si potrebbe fermare a quota 750 milioni (la differenza tra 1,1 miliardi e i 340 milioni di esposizione Premafin). Ma per poterlo fare occorre avere spalle larghe all’assemblea del 19 marzo e poter esercitare un blocco. Serve, quindi, raggiungere il 30% magari attraverso un’Opa preventiva parziale lanciata attraverso un veicolo terzo. Sia Palladio sia Sator sono liquide, sono rispettate e il costo complessivo del progetto si attesterebbe tra i 400 e i 500 milioni. Il turnaround di Fonsai per manager di lungo corso come Matteo Arpe, che ha riportato in carreggiata Banca di Roma, non è un’impresa impossibile.
È lo scontro con Piazzetta Cuccia - a pochi mesi da quello relativo a Bpm - a complicare un po’ il quadro.

Ed è qui che il cerchio si chiude con quel rialzo monstre della Milano, considerata dal mercato come possibile obiettivo di «terzi eventualmente interessati» al dossier. Un «piano B» finora non è emerso, ma le diplomazie sotterranee sono al lavoro per evitare che un’eventuale guerra possa nuocere ai contendenti.

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