Fonti rinnovabili, si rinnova la favola bella

Caro Granzotto, sul Giornale constato che Carlo Cerofolini è riuscito a farsi dare del visionario, in materia di nucleare, perfino da un nuclearista convinto come lei. Un vero record! Quanto al legno come fonte di energia (e come materiale da costruzioni navali), le ricordo che quando esso era la principale, c’erano sulla Terra, al più, 500-600mila persone, mentre oggi ce ne sono quasi 7 miliardi (6.801.400.000) con tendenza a ulteriore aumento. E che comunque una vasta zona intorno a Roma (come le montagne alle spalle di Genova) è rimasta «pelata». Quanto alla sua previsione che quando saranno esaurite le fonti di energia oggi in uso se ne scopriranno certamente altre, essa è talmente giusta che quelle fonti sono perfino già state scoperte: le rinnovabili. Grazie dell’attenzione e cordiali saluti.
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Ma quale visionario, caro Libero! Solo un tantinello condizionato dalla leggenda metropolitana, messa in giro da voi ambientalisti, del dramma delle risorse non rinnovabili. Uranio ne abbiamo, sotto mano, per mille anni. Più una riserva negli oceani buona per altri dieci-quindicimila anni. Il «carburante» per le centrali nucleari sarà dunque anche non rinnovabile, ma, come dicono a Roma, «beato chi ci ha un occhio»! La scienza e la tecnologia mica sono arrivate al capolinea e di qui a qualche millennio chissà cosa ti andranno a trovare per muovere, riscaldare e alimentare l’umanità.
A proposito di fonti non rinnovabili versus fonti rinnovabili, le ricordo, caro Libero, che per produrre in un anno la stessa energia elettrica di un solo - uno solo - reattore nucleare (che ha una sola «torre») servono in teoria 6mila - seimila - torri eoliche alte un centinaio di metri. Dico in teoria perché l’energia «pulita» e rinnovabile, sole e vento, ha due piccoli difetti. Primo: è dispersa. Per poterla sfruttare occorrono quindi spazi enormi, un numero impressionante di «impianti» (le 6mila torri di cui sopra ne sono un pallido esempio) e vaste estensioni, ettari e ettari, di pannelli fotovoltaici. Secondo: l’energia pulita è discontinua. Il vento c’è e non c’è e non ti avverte né quando viene né quando se ne va. Il sole, idem. A parte le ore notturne, durante le quali marca visita, basta una nuvola e te la saluto la fonte di energia.
Questi difettucci si traducono in costi, che risultano ovviamente elevatissimi. Ma voi ambientalisti dalla linea dura, due calcoli li avete fatti? No? Ve li faccio io (saccheggiandoli da uno studio del professor Franco Battaglia, non un generico «esperto», non un amateur, bensì un docente universitario di chimica ambientale): per produrre un gigawatt elettrico, che rappresenterebbe un quarantesimo del nostro fabbisogno, toccherebbe spendere 60 miliardi di eurucci in pannelli fotovoltaici (e non parlo dei chilometri quadrati dove metterli a dimora). Mentre per un reattore nucleare della stessa potenza e dell’ultima generazione ce la caveremmo con due miliardi.

Con questa ulteriore differenza: il reattore produrrebbe energia in continuità. I pannelli solo quando il sole picchia (per cui, quando non picchia, l’energia andrebbe attinta da un’altra fonte. Ad esempio da una centrale nucleare).

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