Per Ford trimestre in profondo rosso, 5,8 miliardi di perdite

Sui conti pesano tagli e problemi negli Usa. Dato peggiore dal ’92. Ma in Europa è ripresa

Pierluigi Bonora

da Milano

«Chiaramente inaccettabili». Così Alan Mulally, il top manager noto per le capacità di risanatore a cui Bill Ford ha affidato il destino del gruppo automobilistico fondato dal bisnonno, ha definito i dati trimestrali. La perdita netta è stata di 5,8 miliardi di dollari, la peggiore da 14 anni (8,1 miliardi nel 1992). A pesare sono stati soprattutto i costi legati al taglio di posti di lavoro nel Nord America, la svalutazione degli asset delle stesse attività Usa e i problemi della controllata Jaguar. La società, che sta chiudendo 16 impianti in Nord America e tagliando 45mila posti, ha registrato nei tre mesi una perdita netta per azione di 3,08 dollari, rispetto ai 15 centesimi dello stesso periodo 2005 dove il «rosso» era di 284 milioni. Sempre ieri il gruppo ha comunicato di avere in corso la revisione dei bilanci dal 2001 al secondo trimestre 2006 a causa della presenza di alcuni errori contabili. «La riformulazione dei dati - ha precisato la Ford in una nota - avrà un effetto sui risultati riguardanti il periodo preso in esame».
Esclusi i costi di ristrutturazione, la Ford ha comunque riportato una perdita di 1,2 miliardi (o 62 cent per azione), mentre, tolte tutte le voci di bilancio straordinarie, il passivo è risultato pari a 191 milioni (o 10 cent per azione), decisamente meglio rispetto ai 61 centesimi di perdita attesi dagli analisti. «Le nostre priorità sono per una ristrutturazione aggressiva che possa permetterci di operare in modo redditizio a volumi più contenuti e di accelerare lo sviluppo di nuovi veicoli secondo le aspettative del mercato», ha commentato Mulally, il quale ha inviato e-mail a tutti i dipendenti incitandoli a collaborare per favorire l’uscita dalla crisi. Ma Wall Street, più che all’intervento del ceo, ha guardato al «profondo rosso» emerso dai dati trimestrali: il titolo Ford è stato oggetto di vendite, anche se nel finale ha recuperato terreno. E mentre il direttore finanziario Don Leclair ha messo le mani avanti, prevedendo un ultimo trimestre ancora più debole, lo stesso Mulally si è detto convinto che nel 2007 si vedranno gli effetti dei tagli, anche se i prezzi delle materie prime continueranno a essere un ostacolo al conseguimento di buoni risultati. Resta il nodo del Pag, ovvero il Premium automotive group, nel quale sono inclusi i marchi di alta gamma della Ford: Aston Martin, Volvo, Jaguar e Land Rover. Sul mercato è sicuramente la prestigiosa Aston Martin, corteggiata dal finanziere belga Albert Frere e dal re del lusso francese Bernard Arnault, disposti a spendere più di un miliardo. Ma c’è anche chi dice che se le cose dovessero precipitare, a Dearborn sarebbero pronti a rinunciare al «gioiello» Land Rover. Un’acquisizione di Jaguar, infatti, comporterebbe costi troppo elevati per riportare il costruttore competitivo. «L’impasse della Ford - commenta da Detroit Stefano Aversa, amministratore delegato di AlixPartners - trae origine dalla crisi negli Usa dei grandi Suv e pick-up, veicoli che assicurano alle case un’alta profittabilità. La disponibilità recente di un nuovo monovolume compatto potrebbe aiutare il gruppo, ma i risultati si vedranno solo dopo il primo trimestre 2007».

Se negli Usa la Ford arranca, in Europa la ripresa è confermata dai dati dei primi 9 mesi dove le vendite sono cresciute del 3%, con perdite ridotte a 13 da 55 milioni. «In Europa - commenta Massimo Pasanisi, presidente di Ford Italia - il processo di miglioramento avanza, anche se c’è ancora tanta strada da percorrere. A sostenerlo saranno soprattutto le novità in arrivo».

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