Forme rarefatte di vita umana sul pianeta Terra Torna DeLillo

«La vita vera non è riducibile a parole dette o scritte, da nessuno, mai. La vera vita si svolge quando sei solo, mentre pensi, perso nel ricordo, oniricamente autocosciente, nei momenti submicroscopici». Inizia così Punto Omega, il nuovo romanzo di Don DeLillo (in uscita martedì da Einaudi, pagg. 156, euro 18, traduzione di Federica Aceto). Lo scrittore italo-americano, considerato tra i maestri della narrativa postmoderna, torna con un romanzo tra i suoi più riusciti. A distanza di tre anni da L’uomo che cade, lontanissimo da capolavori come Underworld, Libra o Mao II, DeLillo descrive «un’umanità che si dirige irreversibilmente verso il “Punto Omega”, nel quale la vita rifiuta di continuare ad esistere e abbraccia la comodità del non essere». Come sottolinea in un passaggio del libro: «Noi uomini, alla fine, vogliamo essere pietre in un campo».
Una visione certo non ottimistica del contemporaneo, ma la personale «rivolta contro il mondo moderno» di DeLillo è una caratteristica che lo contraddistingue sin dagli esordi. Da sempre lo scrittore combatte la strategia della finzione, una società dello spettacolo dove tutto sembra essere ridotto ad una farsa. Più che in un regime, per DeLillo viviamo in un Reame. La fantasia non è al Potere, ma usata dai mezzi di comunicazione, soprattutto dalla televisione, come arma di controllo sociale. Le armi di difesa? Poche: come già evidenziava in Great Jones Street, tra i suoi romanzi più riusciti e sottovalutati, si «scrivono parole per solleticare l’orecchio ai morti viventi». Più che sepolti siamo condizionati dal Rumore bianco, per citare un altro suo celebre romanzo: una sinfonia ben orchestrata, senza dietrologie, da chi ci «regala» la tranquillità di un’esistenza ultrapiatta.
Protagonisti di Punto Omega sono Richard Elster, ex consulente della Difesa di Bush durante la guerra in Iraq, e Jim Finley, un regista deciso a realizzare un film minimalista sulla guerra del Golfo attraverso i racconti top secret di Elster. I due si incontrano nel deserto nella California dove il vecchio consulente del Pentagono ha deciso di ritirarsi «ad un’ora di macchina dalla civiltà». Ne nasce un rapporto che va oltre il lavoro: Elster racconta della propria gioventù, dei due matrimoni falliti, delle proprie convinzioni filosofiche (influenzate soprattutto dal pensiero del gesuita Teilhard de Chardin), della propria concezione del tempo e dello spazio.
Come in Cosmopolis, dove DeLillo racconta per 200 pagine di un uomo bloccato nel traffico, anche in Punto Omega i tempi narrativi sono rallentati all’estremo: sembrano quasi frame cinematografici proiettati sequenza per sequenza. Non a caso DeLillo sceglie in parallelo di descrivere l’installazione dell’artista Douglas Gordon 24 Hour Psyco, un’ipnotica versione del capolavoro di Alfred Hitchcock in un rallenty che porta il film a durare appunto 24 ore.

E sarà proprio questa forma d’arte contemporanea, all’inizio e alla fine del romanzo, a svelarci la vera finalità del romanzo. In un crescendo di tensione quasi da thriller va in scena il racconto sul «mistero di cosa siamo e soprattutto di cosa perdiamo».

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