Formigoni: «Contro di me la solita zuppa»

Marcello Chirico

da Milano

La domanda è legittima: perché, all’approssimarsi di una scadenza elettorale, la magistratura entra in azione e bersaglia di avvisi di garanzia i rappresentati politici (ma anche loro collaboratori o semplici amici) di un preciso schieramento politico? E quasi sempre quello di centrodestra? A porsi, e a porre, queste interrogativi è Roberto Formigoni, il quale ha deciso di scagliare le proprie saette contro la Procura di Milano, verso la quale non nutre grandi simpatie («in dieci anni di presidenza regionale ho subito processi, tutti conclusi con 5 assoluzioni», ha tenuto a rammentare). Palazzo di giustizia dal quale, sempre secondo i sospetti del governatore della Lombardia, attingerebbero notizie i giornali, in particolare quelli «imbeccati dalla stessa Procura». Gli stessi che, da alcuni anni, e quindi pure in questi ultimi giorni, si stanno occupando a fondo dell’arcinota inchiesta Oil for Food. «La solita zuppa» l’ha definita il governatore. «Comprate petrolio per consentire così al governo iracheno di acquistare cibo» era il senso dell’iniziativa, a cui aderì pure la Regione Lombardia per volere di Formigoni. E mal gliene incolse, perché anche il suo nome entrò automaticamente nel novero di chi – approfittando della situazione – diede o incassò tangenti da Saddam Hussein. «Però il sottoscritto non è ancora finito nel registro degli indagati – ha tenuto a precisare il governatore -, e ci mancherebbe altro che lo facessero, visto che non esiste alcun reato». Da parte sua, così come di collaboratori (l’ultimo, il suo attuale segretario Fabrizio Rota) o amici del presidente lombardo. Gettonatissimo Marco Mazzarino De Petro, ex sindaco di Chiavari, titolare della società petrolifera Cogep che Formigoni avrebbe caldeggiato all’allora governo iracheno per forniture di petrolio. L’iniziativa coinvolse almeno 1.500 aziende, tra cui la Fiat, ma guarda caso sola la piccola Cogep è oggetto d’indagine». Perché? «Sono stati messi sotto controllo decine di telefoni, pedinate persone, perquisiti uffici in Italia e all’estero, interrogate persone tutte riconducibili a me anche negli anni dell’infanzia, da 16 anni c’è un’attività straordinariamente illegittima che viene perseguita nei miei confronti. Se solo nel 2005 sono stati spesi 302 milioni di euro per intercettazioni per colpire 106 bersagli, qualcuno un giorno dovrà darne conto». Ma la domanda di fondo resta sempre la stessa: perché? E soprattutto, «come mai questa vicenda viene tirata fuori sempre alla vigilia di elezioni?» si chiede il governatore, il quale ha ricordato che «la vicenda Oil foor Food venne portata a conoscenza da parte della stampa il 9 febbraio 2005, a 50 giorni dalle elezioni regionali, e adesso, a 13 giorni da quelle nazionali, è tornata sui giornali». Perché? «L’articolo del Corsera, in cui si parla dell’iscrizione nel registro degli indagati di Rota è patetico, anche perché tengo a far notare che il fax inviato dal medesimo in Irak risalirebbe al ’97/98, e cioè a quando Rota non era ancora mio segretario. Per giunta l’iscrizione risale al 5 maggio 2005, ma è stata fatta uscire solo ora. La notizia è evidentemente filtrata dalla Procura, che ha commesso un reato diffondendo qualcosa che non poteva essere diffuso».

Ma per Formigoni, quanto al metodo utilizzato, «non c’è niente di nuovo: è quello collaudato negli anni d’oro di Mani pulite con l’aiuto di Sole24Ore, Repubblica e Corsera. I quotidiani «imbeccati» dalla Procura. Un’inchiesta, faccio presente, che è stata ormai archiviata in tutto il resto del mondo ma che resta aperta solo qui, in Lombardia». Perché?

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