Colazione di lavoro al Pirellone. Roberto Formigoni incontra il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Appuntamento per «discutere della crisi degli ultimi mesi, per valutare le iniziative già messe in atto, scambiare idee, suggerimenti e osservazioni», spiega il presidente della Regione Lombardia. Occasione soprattutto per «attivare percorsi congiunti ancora più efficaci».
E, naturalmente, alla colazione c’è tutto il gotha dell’economia lombarda. I componenti del «Patto per lo Sviluppo» ci sono tutti e ci sono pure tutti i protagonisti del «Tavolo per la Competitività». Un elenco di peso: Emma Marcegaglia, Diana Bracco, Salvatore Ligresti, Marco Tronchetti Provera, Carlo Pesenti, Antonio Percassi, Miro Radici, Vincenzo Novari e, ancora, tra i presenti, Giuseppe Guzzetti, Roberto Mazzotta, Ennio Doris, Giuliano Zuccoli e Alberto Bombassei. Cognomi che contano insieme ai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil - Nino Baseotto, Gianluigi Petteni e Walter Galbusera -, al presidente della Camera di Commercio, Carlo Sangalli, e al presidente di Fiera Milano, Michele Perini.
Insomma, governatore Formigoni, mentre la crisi avanza, questa colazione di lavoro con ospite il ministro Tremonti va letta come una buona notizia per il sistema lombardo?
«Non intendiamo lasciare nessuno da solo. Come Regioni abbiamo firmato proprio con il governo un accordo fondamentale sugli ammortizzatori sociali e alla Lombardia spettano 1.500 milioni per sostenere i lavoratori. Regione Lombardia non si tira indietro dagli impegni presi. Anzi, intendiamo agire insieme al governo su infrastrutture, investimenti e formazione perché le misure siano efficaci, gli interventi immediati e i finanziamenti in grado di sostenere la crescita reale dell’economia lombarda».
Intanto, dalle colonne de l’Unità, Pierluigi Bersani avverte che la crisi «non è un pranzo di gala»...
«Be’, certo che la crisi non è un pranzo di gala. Che vuol dire Bersani? Forse il governo non si è mosso, non ha fatto la sua parte? Ci sono settori politici che hanno solo interesse a mostrare una crisi ben più grave».
Comunque, tre imprenditori lombardi su cinque bruciano i risparmi per affrontare la crisi. Colpa delle banche, sostiene una ricerca della Camera di Commercio di Monza e Brianza, che non aprono i cordoni della borsa. Regione Lombardia non aveva firmato un accordo con gli istituti di credito per il sostegno alla piccola e media impresa?
«Osservo che fortunatamente abbiamo un’imprenditoria che si rimbocca le maniche, che non si limita a chiedere e che nei momenti di difficoltà si rigioca un’altra volta se necessario. Resta però il braccino corto delle banche che non è una sorpresa. Spesso e volentieri pongono difficoltà nell’accesso al credito. Anche per questo la Regione ha messo a disposizione un fondo di garanzia pari a tre miliardi di euro: siamo noi, in sostanza, a garantire i piccoli e medi imprenditori in sofferenza, che reclamano credito. Noi, è certo, continueremo a spingere e sostenere gli imprenditori e lo faremo anche oggi a quest’appuntamento con il ministro Tremonti e il sistema lombardo».
Mentre Regione Lombardia organizza anche questa colazione di lavoro per cercare di uscire dalla crisi, Gianfranco Fini dal congresso di An suggerisce di dar vita agli «stati generali dell’economia» perché occorre un «patto tra Nord e Sud, categorie e generazioni». Che ne pensa?
«Qui in Lombardia siamo già avanti rispetto alla soluzione indicata dal presidente della Camera. Penso, ad esempio, al “Patto per lo Sviluppo” che è un tavolo con settantré associazioni che si occupano sul campo. E, ancora, penso al “Tavolo per la Competitività” e al “Tavolo delle Infrastrutture”. Ecco, concretamente, gli “Stati generali dell’economia lombarda” che sono fattivo sostegno alle imprese e ai lavoratori».
Concretamente, in soldoni, come si declina l’intervento della sua amministrazione per favorire la Lombardia, che è spina dorsale dell’economia italiana?
«Abbiamo varato qualcosa come tredici misure di contrasto alla tempesta finanziaria, agendo sia sulle garanzie al credito che sui finanziamenti per innovazione e formazione».
Un esempio?
«Un esempio concreto che non ci siamo fatti trovare impreparati è la “Dote lavoro”, ovvero 112 milioni di euro destinati alle persone - disoccupati, inoccupati, lavoratori in mobilità o in cassa integrazione, tra i 16 e i 64 anni - che vogliono inserirsi e reinserirsi nel mercato del lavoro.
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