«Hanno cercato di fregarci in tutti i modi e cercano ancora di fregarci in tutti i modi». Si sfoga così Roberto Formigoni con una signora che lo avvicina sotto il gazebo del Pdl di piazza San Babila. Sabato elettorale, nonostante tutto, tra palloncini, slogan, giovani militanti che fermano i passanti uno a uno e chiedono di scegliere Formigoni. «Sono amici - spiega il candidato del Pdl - e così possono dire: “Noi conosciamo Roberto, votate per lui”». E ancora: «La moviola del Tar ha smentito l’arbitro, noi siamo perfettamente in regola».
Obiettivo fare come se nulla fosse, anche se non è facile, perché la sinistra non rinuncia alla via giudiziaria e Filippo Penati annuncia un possibile ricorso al Consiglio di Stato per i prossimi giorni. «Filippo Penati ha la lingua biforcuta, aveva detto una cosa e ne fa un’altra e questo per un politico è grave» attacca Formigoni. E aggiunge: «Come sempre alla sinistra le decisioni della magistratura vanno bene quando danno ragione a loro. Una volta che le cose non vanno come avevano previsto, si rimangiano tutto. Ora ne abbiamo l’ennesima riconferma».
Penati nei giorni scorsi aveva escluso di presentare ricorsi contro la lista Formigoni, ma ieri è volato a Roma ed è salito sulle barricate del Pd nazionale. Il candidato del Pd spiega che è stato il decreto a fargli cambiare idea, anche se il Tar non l’ha neppure citato per riammettere Formigoni al voto: «Decideremo nei prossimi giorni. Presenteremo un ricorso se sarà utile per questa battaglia nazionale per il rispetto della legalità». Insomma, lo scontro a colpi di carte bollate non si placa.
Roberto Formigoni, confortato dalla sospensiva del Tar, è sicuro di essere dalla parte giusta: «Chiedere scusa? Semmai sono loro che ci devono chiedere scusa, perché c’è stato un atteggiamento scorretto. Chi ha commesso l’errore dovrà chiedere scusa ai cittadini». E ancora: «Non siamo stati riammessi per grazia ricevuta, da parte nostra non c’è stato errore o difetto».
Tra i banchetti del Pdl, ci sono anche elettori perplessi. Formigoni li rassicura e chiede di rimandare a dopo le elezioni le polemiche sulla presentazione delle liste elettorali: «Le valutazioni sul partito le faremo dopo. Non mi sono occupato io delle firme, non so se sono stati fatti errori, questo lo vedremo poi, ma il Tar ha detto che era stato fatto tutto bene».
Formigoni finisce anche sotto gli strali di Antonio Di Pietro, che approfitta del clima teso per mettere sotto accusa il Pirellone. «La gestione della Lombardia da parte del sultano Formigoni ha comportato e comporta una sudditanza totale del sistema economico e finanziario e logiche spartitorie di gestione prevaricante del potere in materia di sanità, infrastrutture, lavoro e istruzione» spara a alzo zero il leader dell’Italia dei valori.
Formigoni risponde per le rime: «Non stupisce che il finissimo intellettuale nonché politico Antonio Di Pietro, dopo aver insultato vergognosamente e in maniera delirante il Presidente della Repubblica, insulti oggi il popolo lombardo descrivendolo come succube della politica, mentre in Lombardia abbiamo realizzato l’esatto opposto, cioè una politica al servizio della gente». Conclusione: «Di Pietro non confonda il libero popolo lombardo con le sue truppe cammellate e tenute al guinzaglio».
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