Milano «Dichiara ammessa la lista “Per la Lombardia” alla competizione elettorale». Sta in queste dieci parole la sentenza che alle 17,30 di ieri spazza via gli incubi del centrodestra e rimette Roberto Formigoni in corsa per l’elezione a governatore della Lombardia. Per annullare l’ordinanza della Corte d’appello che aveva escluso il presidente uscente dalle elezioni del 28 marzo, al Tar non serve il decreto «interpretativo» varato venerdì sera dal Consiglio dei ministri e controfirmato da Napolitano: che peraltro - al momento della decisione di ieri - non è ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, e quindi non è in vigore. A rimettere in pista il centrodestra, dice in sostanza il Tar, basta la giurisprudenza, ovvero le sentenze precedenti del Tar, del Consiglio di Stato e della Corte Costituzionale: che dicono che la Corte d’appello di Milano non poteva tornare sui suoi passi, escludendo Formigoni dal voto dopo avere già ritenuto valide la candidatura sua e delle liste che lo sostengono.
La decisione arriva dopo cinque ore di camera di consiglio, in un Tar affollato di giornalisti e avvocati e assediato dai dimostranti. Tecnicamente, si tratta solo di una «sospensiva», un provvedimento d’urgenza - come era stato chiesto da Formigoni e dal Pdl - in attesa della decisione definitiva, attesa entro la prossima settimana. Ma i giudici della Quarta sezione del Tar, presieduti da Adriano Leo, hanno già scritto chiaramente quel che pensano, e ben difficilmente se ne discosteranno al momento di stendere la sentenza di merito. Ai legali della Lista Pannella e degli altri partiti scesi in campo a fianco dei radicali resta aperta solo la strada del ricorso al Consiglio di Stato, contro la decisione del Tar lombardo. Ma è una pronuncia che verosimilmente arriverebbe dopo le elezioni. Per ora, insomma, l’unica certezza è che il 28 e 29 marzo sulle schede elettorali gli elettori lombardi troveranno anche il nome di Formigoni e i simboli dei partiti che lo sostengono. Domattina a Palazzo di giustizia la cerimonia di sorteggio dei posti sulle schede si terrà con i simboli del centrodestra presenti anch’essi nell’urna.
Come il Tar sia arrivato a questa decisione è spiegato in modo abbastanza chiaro nelle cinque pagine dei due provvedimenti-fotocopia che accolgono tanto il ricorso di Formigoni che quello del Pdl. Non si affrontano neanche di sfuggita le contestazioni avanzate dai radicali e fatte proprie dalla Corte d’appello lo scorso 1 marzo sulla regolarità formale delle firme depositate a sostegno delle candidature del centrodestra. Il motivo, secondo il Tar, è semplice: la Corte d’appello aveva già ritenuto valide quelle firme. «È indubbio - si legge - che l’Ufficio centrale regionale presso la Corte d’appello di Milano avesse già espresso la sua decisione in termini di ammissione della lista in questione, come chiaramente emerge dal verbale delle operazioni elettorali relative al controllo della lista “Per la Lombardia” che risultano iniziate alle ore 11,50 del 27 febbraio 2010 e terminate il giorno successivo alle ore 12».
Se i radicali avessero voluto contestare la regolarità di quelle firme, quindi, avrebbero dovuto rivolgersi al Tar e non alla Corte d’appello, che non aveva il diritto di tornare sui propri passi. È esattamente quanto i legali del centrodestra avevano sostenuto nel primo dei motivi di ricorso, ed è anche il punto su cui Formigoni - nelle sue dichiarazioni pubbliche - era apparso più sicuro del fatto suo. Sullo sfondo, e probabilmente destinata a non venire scandagliata da altre sentenze, resta la faccenda delle firme, delle irregolarità vere o presunte dei timbri, delle date mancanti, insomma di tutte quelle carenze formali che secondo la Corte d’appello minavano la regolarità della candidatura Formigoni, e che invece per il governatore erano cavilli privi di significato. Su questo punto la sentenza del Tar non si addentra, e ciascuno è dunque autorizzato a continuarla a pensare come gli pare.
«Soddisfatti? Soddisfattissimi», dicono i legali del Pdl. «Ingiustizia è fatta», tuona Pierluigi Mantini, senatore e avvocato dell’Udc.
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