Cita il cosiddetto «Ferrari index », con tanto di grafico proiettato sul maxi schermo del Padiglione Blu, per sintetizzare il made in Italy. Marco Fortis, vice presidente della Fondazione Edison, non ha dubbi: il tasso di crescita del comparto yacht corre più veloce della «rossa» di Maranello. Fortis ha presentato i risultati dello studio «La nautica italiana da diporto oltre la crisi mondiale: da dove parte la ripresa», realizzato da Fondazione Edison, università Cattolica e Fondazione Symbola. Uno studio che conferma l’Italia al primo posto nella classifica dei 20 Paesi che esportano yacht nonostante un calo del 15,4% nel 2009. Un calo decisamente inferiore, e di molto, a quello della diretta concorrenza europea, come si evince dal grafico qui sopra. «La tenuta - è il ragionamento di Fortis - si deve al fatto che la nautica italiana è molto competitiva, dato per scontato che si tratta di un prodotto che ha una domanda poco elastica. Questo spiega le forti perdite della Spagna (-26%), della Francia (-45%), fino al disastroso-76% della Germania». Non solo. Fortis fa notare, tra l’altro, come la nautica abbia registrato una flessione inferiore rispetto a quella patita da altri importanti comparti del made in Italy , ricordando che il fatturato della nautica nazionale ha superato i 6 miliardi di euro nel 2008. Ma nel 2009, l’anno nero, è crollato del 30%. Lo studio commissionato da Ucina- Confindustria Nautica, ha preso in esame i 10 maggiori cantieri italiani. Secondo Ermete Realacci «il settore si sta ponendo il problema di come innovarsi per tornare a crescere: l’export è legato alla qualità, una sfida che anche la nautica può vincere ». Ma è una sfida che passa ineludibilmente attraverso la rimodulazione produttiva, la conquista di nuovi mercati, regole e leggi più snelle. La qualità, secondo il fondatore di Symbola, è stata costruita dai cantieri e dalle Pmi dei distretti: «Occorrono politiche di aggregazione -sostiene- attraverso le quali le piccole aziende fornitrici vengano affiancate dalle grandi aziende in un percorso di crescita strutturato, in modo da creare una filiera virtuosa». E ha fatto l’esempio della partnership che Azimut-Benetti ha in atto con molte micro-aziende toscane. Non a caso il «Navaltex» è il frutto di una stretta collaborazione tra i settori nautico e tessile in virtù dell’accordo tra l’Unione industriale Biellese e il Rina. Insomma, la filiera è lunga e ampia: se si crede nella ripresa occorre fare sistema, attraverso aggregazionie reti. Altra chiave, secondo Realacci,è l’innovazione tecnologica: «La sostenibilità ambientale- dice - aumenta il valore materiale e simbolico del prodotto. Sogno scafi che consumino meno e vele che producano energia». Lo stato dell’arte non indica altre soluzioni possibili. E al numero uno di Sanlorenzo, Massimo Perotti (che non ha ancora rinunciato all’acquisizione di Baglietto), sostenitore delle fusioni, il presidente Albertoni risponde: «Credo solo nelle aggregazioni. Vale a dire lavorare in sinergia per costruire una comunità industriale che non c’entra nulla con la mera acquisizione e la mera somma dei fatturati». Una strategia condivisa anche da Aldo Bonomi, vice presidente di Confindustria: «Abbiamo una legge di sviluppo- afferma- che ci permette di unirci per crescere insieme e per affrontare la competitività internazionale ». Tuttavia senza sburocratizzazione esemplificazione della normativa per i grandi yacht non si va da nessunaparte. Ne è ben consapevole il senatore Luigi Grillo, presidente della Commissione Lavori pubblici e comunicazioni del Senato: «Dobbiamo- dice alla platea- semplificare il regolamento che riguarda i super yacht, perché ne siamo i primi produttori ed esportatori al mondo. Bisogna fare tutto il possibile perché questa realtà si consolidi. La nautica- sostiene Grillo - è un settore che merita la massima attenzione da parte del governo ed è quello che stiamo facendo, cercando di risolvere, con la riforma della portualità italiana ma anche con provvedimenti ad hoc, quelle complicazioni burocratiche che purtroppo non consentono alla nautica di utilizzare tutte le potenzialità di cui dispone ».
Il mondo della nautica e tutta la filiera ringraziano sentitamente. C’è però un ultimo, piccolo problema: i tempi biblici della politica non coincidono con quelli delle aziende che devono ritrovare subito la competitività che la crisi s’è portata via.AR
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