Politica

La forza sana del domani

Ieri Matteo Colaninno, il presidente dei giovani imprenditori, ha avuto il coraggio di dire quello che solo una settimana fa ci saremmo aspettati dai grandi. In venti lucide paginette ha tracciato uno statuto dell'impresa italiana, familiare per forma e in crisi per circostanza, che guarda a se stessa con piglio critico. I figli che licenziano i padri? La citazione di Goethe: «Ciò che hai ereditato dai padri riconquistalo, se vuoi possederlo davvero». Il ricordo di Falck: «È come se ogni generazione che arriva in azienda creasse una nuova impresa». Colaninno jr contro Colaninno sr? Certo non è questo il caso. Ma il presidente dei giovani ha saputo dare un balsamo di concretezza ad una platea ricca come non mai di presenze e avida di ritornare sul campo dei fatti, dopo miliardi di bla bla. «In un Paese stanco e sfiduciato - dice Colaninno - gli imprenditori devono farsi carico di una responsabilità in più. Per essere credibili, non possiamo solo chiedere». Non basta? «Dobbiamo combattere al nostro interno l'evasione fiscale e il sommerso. Solo per questa via avremo titolo per invocare una nuova etica pubblica».
I giovani imprenditori gli hanno dedicato applausi a scena aperta. Se li merita. Colaninno ha saputo far leva sulla sua recente storia imprenditoriale, nata con la scalata delle scalate alla Telecom del nocciolino molle, per difendere la realtà dell'impresa familiare. Il suo statuto deve necessariamente rispondere alla sfida dei tempi, ma resta fondante per la nostra economia. Le Istituzioni, le banche possono fare di più, ma prima occorre farsi qualche conto in casa.
Leggetevelo il discorso di questo giovane pragmatico. È la migliore risposta a quanti denunciano la mancanza di forze fresche e sane nella nostra imprenditoria. Riesce a scardinare l'onanistica perversione del declino a tutti i costi. E rappresenta la sintesi tra la capacità di muoversi in un ambiente formato e la forza di saperlo compromettere. Suo padre in fondo fece qualcosa di simile. Quando dall'interno della vecchia e grande Mediobanca, mosse la più aggressiva e dirompente scalata che il mercato ricordi: quella a Telecom Italia. Il primo passo dei giovani è quello giusto. È più veloce e svelto rispetto a quello dei padri. Ma anche più interessante rispetto a solo quello dei giovani di un anno fa: prudenti nel farsi piacere anche a chi con le aziende non c'entra nulla. Ci si augura che il passo non sia isolato. Che il terreno del compromesso nel futuro non prevalga. Che Colaninno jr domani non scelga di spendere il grande patrimonio di intesa con la sua base sull'altare di un’entente cordiale con l'establishment. Che pure conosce da vicino e prudentemente non sollecita sulle ferite aperte, come quelle del rapporto banche-imprese. Su questo piano ci si poteva aspettare un salto in più dai giovani imprenditori. Ma Colaninno ha riversato la sua prudenza in questo terreno in un calice comunque accettabile di ricorso alla maggiore concorrenza.
A un anno di distanza dall'arrivo di Luca Cordero di Montezemolo, l'Industria dei grandi ha capovolto le sue premesse. Si fondavano sul ritrovato accordo con il sistema creditizio e sulla pacificazione con l'ala sinistra del sindacato, la Cgil. Oggi sulla trattativa per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, l'esperienza e le conoscenze di Bombassei, delegato alla trattativa, si scontrano con il massimalismo della Cgil. E Antonio Fazio, a segnare l'irritazione nei confronti delle posizioni montezemoliane, è mancato alla presentazione annuale e ha tracciato considerazioni finali al vetriolo. Insomma un fallimento della strategia iniziale di appeasement. Colaninno jr non deluda quei mille imprenditori di quella «generazione sviluppo» che per una lunga giornata l'ha seguito con passione.

Segua il suo buon inizio.

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