Cesare G. Romana
da Milano
Non è precisamente un invito allottimismo, questo di Ivano Fossati che nel disco più problematico della sua carriera racconta un mondo alla deriva, dice: «Se i grandi ottusi della Terra/ci trascinano a fondo/sarà che giorno dopo giorno/avrò sognato troppo a lungo». E parla di «democrazie pubblicitarie/democrazie allo stadio/democrazie quotate in borsa/fantademocrazie», che par di riudire il Gaber più caustico. Poi però cè il parziale ottimismo della speranza, ed è lequilibrio tra i due estremi a far grande questalbum dialettico, veemente, realistico. Che Ivano ha intitolato Larcangelo, titolo anche del brano dedicato a Gabriele, immigrato giunto «da est/da tutti i confini del mondo/da tutte le guerre/da tutta la fame»: e allora «vento di sabbia che soffi in eterno/cancella i passi di questi figli/dallinferno», invoca lautore, riconoscendo alla speranza i suoi diritti.
Perché qui sta la via duscita, in un disco così crudo che risulterebbe insostenibile - undici brani dopo tre anni di silenzio con la voce di Ivano, accesa da assillanti cupezze, e la produzione del figlio Claudio e di Pietro Cantarelli, di scattante e narrante asciuttezza - se lintreccio pasoliniano di sdegno e preveggenza non saprisse a barbagli di fiducia, «quasi un invito a non perdere forza, sorriso e ironia», spiega Fossati. E ammette, certo, che «noi si chiedeva pace/ e si riceveva la guerra», ma è pur vero che «lamore fa guerra agli idioti/ agli arroganti pericolosi/ fa bellissima la stanchezza».
Sicché «cara democrazia/ritorna a casa che non è tardi», è il messaggio che dirotta verso il futuro un presente devastato, e mette le ali allalbum più «oggettivo» di questo grande artista: tantè che Larcangelo «non è un disco intimista perché non parla di me, racconta invece degli altri», puntualizza Ivano, «fuori però dogni militanza. Non un disco politico o di fazione, dunque, ma unesortazione civile. È vero, nel 96 concessi allUlivo di suonare ai suoi raduni la mia Canzone popolare. Ma mi ci vollero anni per riappropriarmene psicologicamente, non posso abbonarmi a un ruolo del genere, faccio un altro mestiere». Anche perciò ci si riconosce in queste splendide nuove canzoni, «la cui chiarezza - dice lautore - ne rende, spero, più nitido lintreccio di grandi temi e piccole cose, di allarme e di gioco». Chiarezza che si estende allicastica sobrietà delle musiche, «più ritmiche del solito, più inclini al rock. È vero, anni fa dissi che il rock è ormai finito, lo paragonai al cadavere del Cid Campeador legato al suo cavallo e mandato in battaglia. Ma ora mi contraddico: quando scrivo cerco di realizzare quello che sento in quel momento, senza fare troppi calcoli».
Colpisce ancora, gli dico, la frequenza con cui ricorre il tema della diversità: da Denny, ritratto dun amore omosessuale, alla via crucis dellextracomunitario appunto in Larcangelo, a La cinese che «non mi sorride mai/gira lo sguardo/dallaltro lato/lei muove continenti/carburanti/fondi metalli monete forti/banche mercati distanti». «È vero, ci troviamo di fronte a mondi che molti di noi non sono allaltezza di comprendere, e reagiamo con la conflittualità. Quando si cerca di risolvere gli attriti con le guerre, non si fa altro che dimostrare la nostra inadeguatezza. Anche per questo ho chiamato Gabriele, come larcangelo, limmigrato protagonista dellomonima canzone: è un annunciatore, ci porta qualcosa che facciamo fatica a capire ma che prima o poi dovremo comprendere, e accettare. Anche in La cinese è di scena il timore che abbiamo dei diversi: di quelli poveri e anche di quelli ricchi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.